SULL’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA DELLE AVVOCATURE DEGLI ENTI PUBBLICI, ALLA LUCE DELLA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO FORENSE

tar_venetoSULL’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA DELLE AVVOCATURE DEGLI ENTI PUBBLICI, ALLA LUCE DELLA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO FORENSE

(T.A.R. Veneto, Sez. II, 27/11/2015, n. 1274)

1. Già in base all’art. 3 R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, erano stati enucleati dalla giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense, competente ad esprimersi avverso le decisioni dei Consigli dell’Ordine e, in grado definitivo, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, una serie di principi secondo i quali le avvocature degli enti pubblici devono essere costituite in un apposito ufficio dotato di adeguata stabilità ed autonomia organizzativa nonché distinzione dagli altri uffici di gestione amministrativa al quale devono essere preposti avvocati addetti in via esclusiva alle cause e agli affari legali con esclusione dello svolgimento di “attività di gestione” (cfr. Cassazione civile, Sez. Un. 18 aprile 2002 n. 5559; id. 25 novembre 2008, n. 28049; id. 19 ottobre 1998 n. 10367; id. 19 ottobre 1998, n. 10367; Cass. Sez. Un. 10 maggio 1993 n. 5331). Tali regole costituiscono l’applicazione ai professionisti legali degli enti pubblici, che sono soggetti agli obblighi deontologici e alla vigilanza degli ordini forensi di appartenenza, dei principi che caratterizzano la professione legale che deve essere svolta senza condizionamenti che potrebbero comprometterne l’indipendenza.

2. L’art. 23 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel dettare la nuova disciplina dell’ordinamento forense, ha chiarito e meglio delineato i requisiti dell’ autonomia organizzativa delle avvocature degli enti pubblici, precisando che deve essere garantita anche sul piano organizzativo. Ha infatti previsto che agli avvocati degli uffici legali specificamente istituiti presso gli enti pubblici deve essere assicurata la piena indipendenza ed autonomia nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell’ente ed un trattamento economico adeguato alla funzione professionale svolta, e che la responsabilità dell’ufficio deve essere affidata “ad un avvocato iscritto nell’elenco speciale che esercita i suoi poteri in conformità con i principi della legge professionale”. Nel caso di specie poiché l’Avvocatura civica non è stata organizzata come una struttura autonoma ma come una struttura subordinata ad un dirigente amministrativo peraltro non iscritto alla sezione speciale dell’albo degli avvocati, tali requisiti non sono rispettati, e viene meno quella netta separazione dall’apparato amministrativo richiesta dalla normativa sopra richiamata (ex pluribus cfr. Tar Lombardia, Milano, Sez. III, 16 febbraio 2015 n. 486; Tar Basilicata, Sez. I, 8 luglio 2013, n. 405; Tar Sardegna, Sez. II, 14 gennaio 2008 n. 7).

3. In materia di pubblico impiego locale, non sono oggetto di impugnazione profili afferenti al rapporto di lavoro, ma gli atti di macro-organizzazione del Comune, direttamente ed autonomamente lesivi della posizione giuridica del ricorrente per i quali sussiste pertanto la giurisdizione del giudice amministrativo (ex pluribus cfr. Tar Lombardia, Milano, Sez. III, 16 febbraio 2015 n. 486; Consiglio di Stato, Sez. III, 30 aprile 2014, n. 2280; Tar Molise, 23 maggio 2014, n. 322).