headerVIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI SICUREZZA DEL LAVORATORE E RIFIUTO DELLA SUA PRESTAZIONE

(Cassazione civile, sez. lav., 19/01/2016, n. 836)

1. Il datore di lavoro è obbligato a mente dell’art. 2087 c.c., ad assicurare condizioni di lavoro idonee a garantire la sicurezza delle lavorazioni ed è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro; la violazione di tale obbligo legittima i lavoratori a non eseguire la prestazione, eccependo l’inadempimento altrui (Cass. n. n. 10553 del 2013; n. 14375 del 2012; n. 11664 del 2006; n. 9576 del 2005).

2. La protezione, anche di rilievo costituzionale, dei beni presidiati dall’art. 2087 c.c., postula meccanismi di tutela delle situazioni soggettive potenzialmente lese in tutte le forme che l’ordinamento conosce. Dunque, per garantire l’effettività della tutela in ambito civile, non solo azioni volte all’adempimento dell’obbligo di sicurezza o alla cessazione del comportamento lesivo ovvero a riparare il danno subito, ma anche il potere di autotutela contrattuale rappresentato dall’eccezione di inadempimento, rifiutando l’esecuzione della prestazione in ambiente nocivo soggetto al dominio dell’imprenditore.

3. In caso di violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c., non solo è legittimo, a fronte dell’inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, ma costui conserva, al contempo, il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore (Cass. n. 6631 del 2015).