ACCESSO AI DOCUMENTI NEL CONCORSO PUBBLICO: UN CASO EMBLEMATICO DI DINIEGO DI ACCESSO DA PARTE DEL COMUNE DI ROMA

TAR_LazioN. 07474/2016 REG.PROV.COLL.

N. 02955/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2955 del 2016, proposto da:
M. A., rappresentata e difesa dall’avv. A. R., con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, viale XXI Aprile, 11;

contro

Roma Capitale, rappresentata e difesa dall’avv. C. S., con domicilio in Roma, Via Tempio di Giove, 21, presso l’Avvocatura capitolina;

per l’annullamento

– della nota di Roma Capitale prot. GB/4881 del 27.1.2016 conosciuta ni data 4.2.2016, con cui l’amministrazione capitolina non ha accolto, in parte qua, la richiesta di accesso presentata in data 21.1.2016 dalla d.ssa M. A., avente ad oggetto gli atti e i documenti inerenti alla procedura selettiva pubblica per titoli ed esami, per il conferimento di n. 110 posti nel profilo professionale di funzionario amministrativo, categoria D (posizione economica D1) con particolare riferimento alle richieste di visione – e solo eventualmente di richiesta di copia – dei seguenti documenti:

a) busta piccola contenente il foglio con i dati anagrafici dell’istante ed il medesimo cartoncino anagrafico relativi alla prima prova scritta della procedura in oggetto contrassegnati con il n. 576;

b) buste relative ad altri candidati pure utilizzate per la prima prova scritta (buste piccole) ove diverse, sempre in relazione alla medesima procedura concorsuale;

– nonché per l’accertamento del diritto della d.ssa A., ricorrente, ad accedere agli atti e documenti richiesti con l’istanza di cui sopra ai sensi degli artt. 22 e ss. l n. 241/90;

– nonché per l’annullamento, ove occorra:

– della nota di Roma Capitale del 2.3.2016, prot. GB/13611, che conferma il diniego di accesso già espresso, ricevuta via pec il 2.3.2016;

– e per la conseguente condanna ex art. 25 l.n.241/90 e ex art. 22 c.p.a., di Roma Capitale a consentire il pieno accesso ai documenti e agli atti in questione.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla camera di consiglio del giorno 18 maggio 2016 il Cons. Silvia Martino;

Uditi gli avv.ti, di cui al verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente espone di avere partecipato alla procedura selettiva pubblica, per titoli ed esami, per il conferimento di n. 110 posti nel profilo professionale di funzionario amministrativo, categoria D, posizione economica D1, indetta da Roma Capitale.

Non avendo conseguito un punteggio sufficiente alla prima prova scritta, in data 6 giugno 2013, ha presentato domanda di accesso agli atti per visionare e chiedere copia del proprio elaborato, relativo alla prima prova scritta, dei verbali concernenti i criteri di valutazione e di quelli relativi alla correzione dello stesso.

Per quanto interessa ai fini del presente ricorso, in entrambi i suddetti accessi agli atti, la d.ssa A. non ha avuto modo di visionare tutti i propri documenti in originale e, in particolare, le buste contenenti gli elaborati e le buste piccole contenenti i dati anagrafici, ma solo le fotocopie degli specifici documenti sopra indicati.

Successivamente, l’odierna ricorrente ha anche impugnato gli atti relativi alla correzione della prima prova scritta dinanzi al TAR Lazio, col ricorso n. 9841/2013 pendente dinnanzi alla Sez. II, depositato il 16.10.2013.

In data 8.10.2014, a seguito della pubblicazione della graduatoria definitiva, la ricorrente ha anche proposto ricorso per motivi aggiunti nel giudizio già pendente n. 9841/2013, contenente anche un nuovo motivo relativo alla trasparenza delle buste, e chiedendo a questo TAR di disporre la verificazione delle buste utilizzate.

Prima dell’udienza pubblica del 10.2.2016, parte ricorrente ha presentato una nuova domanda di accesso agli atti per verificare le buste utilizzate ed il relativo contenuto, sia per meglio difendere il proprio nuovo motivo aggiunto proposto “al buio”, sia per poter verificare l’esistenza di ulteriori motivi di ricorso.

Per tali ragioni difensive ha chiesto di accedere ai seguenti atti relativi alla procedura selettiva in oggetto:

“1) La busta piccola contenente il foglio con i dati anagrafici della sottoscritta ed il medesimo cartoncino anagrafico, relativi alla prima prova scritta della summenzionata procedura, contrassegnati con il n. 576;

2) le buste relative ad altri candidati, pure utilizzate per la prima prova scritta (buste piccole) ove diverse…;

3) …. di prendere visione di un esempio o campione di buste utilizzate nella seconda prova (buste piccole contenenti i dati anagrafici)”.

L’amministrazione ha tuttavia negato totalmente l’accesso ai documenti indicati ai punti 1) e 2), ed, in parte, a quelli indicati sub 3), differendo l’accesso agli ulteriori atti relativi alla nuova valutazione degli elaborati della seconda prova scritta alla conclusione delle operazioni della commissione esaminatrice incaricata.

L’amministrazione, nel negare l’accesso, ha fatto in particolare riferimento al contenzioso in atto, ritenendosi vincolata alla “superiori determinazioni” del TAR, nonché alla richiesta di verificazione delle buste piccole utilizzate nel corso della prima prova dell’11.12.2012,

Si è quindi riservata di provvedere “soltanto subordinatamente alle decisioni dell’Autorità Giudiziaria da Lei adita”.

Il diniego degli atti di cui “al 1° e 2° paragrafo della sua richiesta”, è stato poi confermato anche successivamente.

Parte ricorrente contesta le motivazioni poste alla base del diniego.

In particolare, relativamente ad una pretesa reiterazione dell’istanza di accesso, fa rilevare che i precedenti accessi non hanno riguardato anche le buste ma solo gli elaborati relativi alla prima prova ed i verbali relativi alla correzione degli stessi.

Di conseguenza, nel caso di specie, non vi è alcuna reiterazione della medesima istanza.

Per tale ragione appare irrilevante anche il riferimento alla pretesa “diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante”, configurabile solo in ordine alla reiterazione di una precedente istanza di accesso già rigettata dall’amministrazione.

Quanto alla pendenza di un ricorso al TAR avente ad oggetto anche gli atti richiesti nell’istanza di accesso all’odierno esame, essa non è circostanza ostativa all’ostensione poiché l’accesso è un bene della vita autonomo e deve essere consentito anche in pendenza di un giudizio all’interno del quale i documenti oggetto della domanda di accesso possano eventualmente essere acquisiti in via istruttoria dal giudice.

Si è costituita, per resistere, l’amministrazione capitolina, significando che, con il provvedimento oggetto dell’odierna impugnativa, si è semplicemente limitata ad attribuire al giudice amministrativo il compito di valutare la rilevanza e l’utilizzabilità degli atti in oggetto ai fini della tutela degli interessi dell’istante.

Secondo l’amministrazione, quando un processo è in corso, la domanda di accesso è soggetta a limitazioni legate al suo carattere strumentale rispetto al procedimento stesso.

In tale ipotesi, perciò, l’istanza di accesso dovrebbe essere rivolta direttamente ed esclusivamente al giudice.

L’amministrazione ha poi fatto presente che, con sentenza n. 3901 del 30 marzo 2016, il ricorso proposto dalla d.ssa Arnone è stata rigettato, anche con riguardo ai motivi aggiunti, imperniati sulla asserita trasparenza delle buste utilizzate durante la prima prova scritta.

Nel caso di specie, con tale pronuncia, sarebbe perciò venuto meno l’interesse concreto e meritevole di tutela sotteso all’istanza di accesso.

Parte ricorrente ha replicato che, per giurisprudenza pacifica, la pendenza di un giudizio tra le medesime parti non consente all’amministrazione di negare l’accesso (Cons. St., sez. IV, sentenza 28.1.2016, n. 326), essendo tale istituto autonomo e distinto rispetto ai poteri istruttori del giudice.

Nessuna norma, inoltre, consente all’amministrazione di rimettere la decisione sulla sussistenza dei presupposti per consentire l’accesso direttamente al giudice, nemmeno in caso di pendenza di un giudizio tra le parti.

Il diritto di accesso agli atti, inoltre, non è necessariamente strumentale alla difesa in giudizio.

Il ricorso è stato infine assunto in decisione alla camera di consiglio del 18 maggio 2016.

2. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

In primo luogo, è giurisprudenza del tutto pacifica quella secondo cui il concorrente escluso da un concorso, o non vincitore, ha diritto di accedere a tutti gli atti della procedura concorsuale, e ciò indipendentemente dal carattere strumentale di tale conoscenza rispetto alla proposizione di una azione giudiziale.

La Sezione, in materia, ha già avuto modo di ricordare (sentenza n. 8872 del 24.10.2012; cfr. anche la n. 11262 del 18.11.2009), che l’interesse all’accesso ai documenti amministrativi, così come è disegnato dall’art. 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241, anche successivamente alle modifiche intervenute nel 2005 (per effetto della legge 11 febbraio 2005 n. 15) e nel 2009 (per effetto della legge 18 giugno 2009 n. 69) è nozione diversa e più ampia rispetto all’interesse all’impugnativa e non presuppone necessariamente una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o interesse legittimo; cosicché la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti del procedimento oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto (Cons. Stato, Sez. VI, 27 ottobre 2006 n. 6440).

Fermo quanto sopra, a maggior ragione, sussiste il diritto di un candidato, che ha partecipato ad una procedura concorsuale e che è stato dalla stessa escluso, di accedere agli atti attinenti alla situazione giuridicamente rilevante relativa alla sua posizione di concorrente, non essendo possibile negare l’accesso sul presupposto che gli atti richiesti non sarebbero utili al processo in corso (cfr. TAR Lazio, Sez. III-quater, 12 agosto 2009 n. 8176).

Il rimedio speciale previsto a tutela del diritto di accesso deve quindi ritenersi consentito anche se l’interessato non può più agire, o non possa ancora agire, in sede giurisdizionale, in quanto l’autonomia della domanda di accesso comporta che il giudice, chiamato a decidere su tale domanda, deve verificare solo i presupposti legittimanti la richiesta di accesso e non anche la possibilità di utilizzare gli atti richiesti in un giudizio.

Con l’introduzione dell’azione a tutela dell’accesso, il legislatore ha, infatti, inteso assicurare al cittadino la trasparenza dell’attività amministrativa, indipendentemente dalla lesione, in concreto, di una determinata posizione di diritto o di interesse legittimo; l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi viene elevato a bene della vita autonomo, meritevole di tutela separatamente dalle posizioni sulle quali abbia poi ad incidere l’attività amministrativa, eventualmente in modo lesivo.

L’amministrazione cui è richiesto l’accesso documentale, non ha poi alcuna facoltà di scrutinio sulla fondatezza o meno dell’eventuale giudizio già intrapreso o da intraprendersi ad iniziativa della parte richiedente l’accesso. Come pure è irrilevante che la richiesta sia eventualmente preordinata all’utilizzazione degli atti in un giudizio nel quale lo stesso risultato potrebbe, in tesi, essere ottenuto attraverso l’esercizio dei poteri istruttori del giudice (cfr., tra le tante, Consiglio Stato, sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5752).

Non vi sono, poi, limiti ai documenti ostensibili.

È noto, infatti, che le domande ed i documenti prodotti dai candidati, i verbali, le schede di valutazione e gli stessi elaborati di un concorso pubblico costituiscono documenti rispetto ai quali deve essere esclusa in radice l’esigenza di riservatezza a tutela dei terzi, posto che i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione di cui la comparazione dei valori di ciascuno costituisce l’essenza della valutazione.

Tali atti, quindi, una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti che, peraltro, non assumono neppure la veste di controinteressati in senso tecnico nel giudizio proposto ex art. 25 della legge n. 241 del 1990 (cfr. TAR Lazio, Sez. III, 08 luglio 2008 n. 6450); di talché l’omessa integrale intimazione in giudizio dei concorrenti cui si riferiscono gli atti fatti oggetto della richiesta ostensiva non arreca loro alcun significativo pregiudizio non potendo gli stessi, in ragione di quanto detto, opporsi all’ostensione dei documenti richiesti.

Nel caso di specie, peraltro, l’istanza della d.ssa A. riguarda documenti riguardanti la prova dalla stessa sostenuta (par.1) e comunque documenti (le buste in cui sono stati inseriti i dati anagrafici dei concorrenti – par. 2), rispetto ai quali non è nemmeno ipotizzabile la sussistenza di un diritto di riservatezza di costoro in qualche modo antagonista del diritto di accesso di cui la ricorrente è titolare.

3. Per tutto quanto argomentato il ricorso merita accoglimento e, per l’effetto, va ordinato all’amministrazione intimata di esibire i documenti richiesti nei punti 1 e 2 dell’istanza presentata il 21 gennaio 2016, anche mediante estrazione di copia e salva la corresponsione del costo di riproduzione.

Le spese seguono come di regola la soccombenza e si liquidano in dispositivo

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, definitivamente pronunciando sul ricorso, di cui in premessa, lo accoglie e, per l’effetto, così provvede:

1) annulla i provvedimenti impugnati;

2) accerta e dichiara il diritto della ricorrente di accedere ai documenti indicati nell’istanza del 21.1.2016, punti 1 e 2;

3) ordina a Roma Capitale di esibire (anche mediante estrazione di copia e salva la corresponsione del costo di riproduzione) gli atti richiesti con l’istanza predetta nel termine di trenta giorni dalla comunicazione e/o notificazione, se anteriore, della presente sentenza.

Condanna Roma Capitale alla rifusione delle spese di giudizio, che si liquidano, complessivamente, in euro 1.000,00 (mille/00), oltre agli accessori, come per legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Silvia Martino, Consigliere, Estensore

Roberto Caponigro, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/06/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)