GIURISDIZIONE SUL SILENZIO DELLA P.A., SULL’ACCESSO AI DOCUMENTI, SULLE PRETESE ASSUNZIONALI PRESSO LE SOCIETÀ PARTECIPATE (FONDATE SU ACCORDI CON LA P.A.: E LA REGOLA DELLA SELEZIONE/CONCORSO PUBBLICI?)

TAR_LazioGIURISDIZIONE SUL SILENZIO DELLA P.A., SULL’ACCESSO AI DOCUMENTI, SULLE PRETESE ASSUNZIONALI PRESSO LE SOCIETÀ PARTECIPATE (FONDATE SU ACCORDI CON LA P.A.: E LA REGOLA DELLA SELEZIONE/CONCORSO PUBBLICI?)

 

  1. Al giudice amministrativo è rimasta invece la sola cognizione delle “procedure concorsuali di assunzione”, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, dei rapporti di lavori del personale rimasto in regime di diritto pubblico (art. 63, comma 4, del cit. d.lgs. n. 165/2001 e art. 133, comma 1, lett. i del c.p.a.).

 

  1. È inammissibile, per difetto di giurisdizione, il ricorso proposto per contestare il silenzio serbato dall’Amministrazione in ordine ad istanze o diffide formulate nei riguardi di pretese qualificabili come diritti soggettivi e non riconducibili ad ambiti di giurisdizione esclusiva amministrativa” (TAR Lazio, Roma, sez.I^, sentenza n. 12630 del 9.12.2009).

 

  1. La cognizione, rimasta al giudice amministrativo, delle “procedure concorsuali di assunzione”, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, dei rapporti di lavori del personale rimasto in regime di diritto pubblico (art. 63, comma 4, del cit. d.lgs. n. 165/2001 e art. 133, comma 1, lett. i del c.p.a.), comporta che il g.o. può adottare nei confronti delle p.a. tutti i provvedimenti di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura della situazione giuridica, “senza che sia consentito operare distinzioni tra norme sostanziali e procedurali, con la rilevabilità anche dei vizi formali. Né potrebbe ammettersi un’autonoma tutela dell’interesse procedimentale mediante l’impugnativa del silenzio rifiuto presso il giudice amministrativo, anche per i casi in cui difetta di giurisdizione su ogni controversia relativa ai rapporti di lavoro privatizzato, dal momento che l’interesse al giusto procedimento è assorbito dalla posizione sostanziale, completamente protetta ormai dal g.o.

 

  1. La posizione soggettiva sottesa alle istanze volte all’assunzione di aderenti ad un’associazione privata (Associazione nazionale combattenti e reduci, ex Istituto Vigilanza dell’Urbe) presso l’amministrazione di Roma Capitale ovvero in una delle aziende dalla stessa controllate, attiene ad una materia che è ormai sottratta alla giurisdizione amministrativa ed in cui non sono ravvisabili interessi legittimi. Spetta pertanto al giudice ordinario stabilire se tali pretese abbiano natura di diritto soggettivo e quali siano le modalità di soddisfazione di tale diritto.

 

N. 09489/2015 REG.PROV.COLL.

N. 03394/2015 REG.RIC

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3394 del 2015, proposto da:

Associazione “Libero Comitato”, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Brugnoli e Sergio D’Andrea, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, in Roma, Via Licinio Calvo, 48;

contro

Roma Capitale, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Rizzo, con il quale domicilia in Roma, Via Tempio di Giove, 21, presso l’Avvocatura capitolina;

nei confronti di

Ama s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Stefano Scicolone, con il quale domicilia in Roma, Via Calderon De La Barca, 87, presso l’Ufficio legale dell’Azienda;

per l’accertamento e la declaratoria:

– del diritti di accesso, e per l’emanazione dell’ordine di esibizione, ex artt. 31 e 116 c.p.a., nei confronti di Roma Capitale, di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenziali, richiesti con istanza di accesso agli atti del 20.6.2014;

– nonché per l’annullamento del provvedimento di diniego di Ama s.p.a., prot. n. 059130/U del 22.12.2014, ricevuta il 2.1.2015, con cui è stata comunicata la reiezione dell’istanza di accesso agli atti;

– nonché per l’accertamento e la declaratoria del diritto di accesso e l’emanazione dell’ordine di esibizione dei documenti ex artt. 31 e 116, comma 4, c.p.a., nei confronti di AMA s.p.a., di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali relativi ai documenti richiesti con istanza di accesso agli atti del 20.6.2014.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Ama s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore alla camera di consiglio del giorno 20 maggio 2015 il Cons. Silvia Martino;

Uditi gli avv.ti, di cui al verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

 

L’Associazione ricorrente premette di avere notificato alle amministrazioni indicate in epigrafe, un primo ricorso, il quale muoveva dalla circostanza che, in data 4.2.2010, il Consiglio Comunale di Roma (ora Assemblea Capitolina di Roma Capitale), aveva approvato una mozione con cui invitava il Sindaco a porre in essere ogni percorso utile al recupero della professionalità dei dipendenti A.N.C.R. (Associazione nazionale combattenti e reduci, ex Istituto Vigilanza dell’Urbe) ed a loro ricollocamento lavorativo.

In data 4.4.2010, la Regione Lazio, la Provincia di Roma e il Comune di Roma, avevano poi convenuto di coordinare le proprie azioni in favore del predetto personale, verificando, tra le altre, la possibilità di utilizzo di dette professionalità; di mettere a disposizione le risorse finanziarie necessarie all’attuazione di politiche attive per il sostegno dei lavoratori e l’attivazione di percorsi individuali di formazione e aggiornamento, al fini di agevolarne il reimpiego.

In data 5 febbraio 2010 il Comune sottoscriveva un Protocollo di intesa con le OO.SS., impegnandosi a porre in essere un percorso di recupero dei dipendenti dell’A.N.C.R. che non si fossero opposti al licenziamento, accettando la collocazione in mobilità, presso aziende collegate e/o partecipate dal Comune di Roma.

In data 15.4.2013 veniva sottoscritto un ulteriore accordo sindacale tra Roma Capitale e alcune OO.SS. in cui si dava atto del fatto che, per alcune professionalità, era stato attivato un percorso di recupero ma che per la maggior parte di esse si rendeva ancora necessaria l’attivazione di percorsi assunzionali.

L’amministrazione capitolina si impegnava: 1) ad assicurare il proprio sostegno all’immediata sottoscrizione di contratti di lavoro omogenei, temporanei, individuali, entro 5 giorni dalla sottoscrizione del’accordo; 2) a definire un percorso operativo per assicurare la definitiva e stabile collocazione lavorativa delle professionalità rimanenti all’interno del Gruppo Comune di Roma Capitale, nel rispetto della normativa vigente in materia; 3) ad assicurare il rispetto delle clausole sociali nel caso di trasferimento di ramo d’azienda.

A tanto l’amministrazione si determinava in considerazione delle particolare competenze professionali del personale da ricollocare, le quali erano ritenute valorizzabili all’interno del perimetro delle società municipalizzate e/o partecipate da Roma Capitale, al termine del periodo di mobilità lavorativa.

Seguivano una “lettera di intenti” del 31.5.2013 di Roma Capitale e Ama s.p.a., nonché una ulteriore mozione dell’amministrazione capitolina, la n. 2 del 30.1.2014, in cui venivano impegnati il Sindaco e la Giunta di Roma Capitale ad assorbire i predetti lavoratori nel più breve tempo possibile in una delle aziende del Gruppo di Roma Capitale.

Una cospicua parte dei lavoratori interessati decideva poi di farsi rappresentare dall’associazione odierna ricorrente, la quale, in data 20.6.2014, al fine di tutelare i diritti o comunque, l’affidamento dagli stessi maturato, avanzava un’istanza di accesso nei confronti di Roma Capitale, Regione Lazio, Provincia di Roma e Ama.

L’istanza era intesa ad ottenere copia di “tutti gli atti ed i provvedimenti di assunzione di personale (diretto ed indiretto, temporaneo e/o somministrato, a progetto e a chiamata, ripartito e part – time, di inserimento e/o di apprendistato) sia di Roma Capitale che di Aziende Municipalizzate collegate o comunque partecipate da Roma Capitale riferite direttamente alle funzioni di vigilanza, sicurezza e compiti ispettivi o di verifica ovvero equivalente, e comunque riconducibili nell’ambito del più ampio concetto di decoro urbano […]”. Veniva inoltre richiesto “ogni atto e/o provvedimento di assunzione di personale sotto qualsiasi forma operato da Ama s.p.a. decorrente dal 31 maggio 2013 ad oggi”. L’istanza di accesso veniva estesa anche alla “documentazione finanziaria della copertura di spesa”. L’associazione, inoltre, sollecitava l’amministrazione ad aprire una “istruttoria procedimentale” e a concluderla “con un provvedimento definitivo entro i termini di legge”, “ad avviare il procedimento di cui all’art. 11della l. n. 241/90, con particolare riferimento al comma 4 – bis del menzionato art. 11”, con contestuale “comunicazione ai sensi del’art. 7 della l. n. 241/90”.

A tale istanza rispondevano la Provincia di Roma e la Regione Lazio, mentre Roma Capitale, in data 29.8.2014, affermava che gli atti richiesti non erano stati dalla stesa formati né erano detenuti stabilmente.

A tanto l’associazione ricorrente replicava con istanza dell’8.10.2014, ribadendo che, nella propria istanza, non era contenuta solo una richiesta di accesso, ma anche di “avvio del procedimento”.

L’istanza rimaneva senza riscontro.

In data 23.8.2014, perveniva poi un primo diniego esplicito di Ama s.p.a. la quale riteneva che la richiesta di accesso alla stessa rivolta fosse stata formulata in modo generico, e che, comunque, dalla richiesta medesima non fosse possibile evincere la “posizione giuridica tutelata/da tutelare”.

L’associazione contestava la posizione di Ama con due missive del 10.10.2014 e 12.11.2014.

In data 2.1.2015, perveniva il diniego oggetto di impugnativa, in cui Ama ribadiva che la richiesta di accesso era preordinata ad un controllo generalizzato del suo operato e, pertanto, si poneva in violazione dell’art. 24 della l. n. 241/90.

Lo stesso giudizio esprimeva in ordine alla richiesta di accedere agli atti relativi alle procedure di selezione del personale, e di idoneità fisica, svolte per conto di Ama.

Nel corpo del ricorso, l’associazione, richiamati gli impegni assunti da Roma Capitale, riteneva che il silenzio, sostanzialmente opposto alle richieste del 20.6.2014 e 8.10.2014, fosse da ritenersi illegittimo.

In particolare, con riguardo a Roma Capitale, l’inadempimento doveva ritenersi “integrale” non solo relativamente all’istanza di accesso, ma anche “sotto il particolare profilo dell’istanza rivolta ex artt. 9 e 10 della l. n. 241/90”.

Quanto al diniego espresso da Ama, invocava l’art. 24, comma 7, della l. n. 241/90, secondo cui deve essere comunque garantito l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, nel caso di specie correlati agli obblighi che l’amministrazioni chiamate in causa avrebbero assunto con i citati accordi e/o protocolli di intesa.

Ad ogni buon conto, l’istanza di accesso non poteva ritenersi generica in quanto riferita a documenti e/o procedimenti specificamente individuati, concernenti, in particolare, i procedimenti di assunzione e selezione del personale in un periodo di tempo determinato.

La ricorrente concludeva affinché questo Tribunale amministrativo annullasse il diniego di Ama e dichiarare il diritto della ricorrente di accedere a tutti i documenti richiesti con l’istanza del 20.6.2014, sia nei confronti di Ama che di Roma Capitale.

Domandava altresì che gli enti convenuti fosse condannati “all’adempimento ai sensi degli artt. 9 e ss. della l.n. 21/90”, stabilendo altresì “con equo indennizzo il danno causato per il ritardo nell’adempimento ex art. 2 – bis della l. n. 241/90, ai sensi dell’art. 30, comma 4, c.p.a.”.

Il ricorso originariamente notificato non veniva depositato nel termine abbreviato previsto dall’art. 87, comma 3, c.p.a., in quanto, asserisce la stessa associazione ricorrente, “il suo deposito tardivo avrebbe comportato l’irricevibilità dello stesso”.

L’associazione rileva, però, che non è comunque decorso il termine decadenziale di un anno previsto in materia di silenzio dall’art. 2 della l. n. 241/90.

Ribadisce di avere tuttora interesse all’accesso e che, comunque, anche nei confronti di Ama s.p.a. si è prodotto il silenzio – inadempimento relativamente all’istanza di “aprire una istruttoria procedimentale” e concluderla con un “provvedimento definitivo entro i termini di legge”.

Si sono costituiti, per resistere, Ama s.p.a. e Roma Capitale.

Ama ha evidenziato che un primo ricorso, avente contenuto analogo a quello in esame, le è stato notificato in data 3.2.2015. Questo ricorso però, non è stato mai depositato nella Segreteria del TAR.

Un secondo ricorso (quello all’odierno esame) le è stato notificato in data 2.3.2015.

A tale data, però, era già maturato il termine di decadenza previsto dall’art. 116 c.p.a..

Il ricorso, pertanto, deve ritenersi, per quanto la riguarda, irricevibile per tardività, poiché il diniego risale al 2.1.2015. Esso, pertanto, avrebbe dovuto essere impugnato entro l’1.2.2015.

Deduce, al riguardo, come la mera notifica del primo ricorso, in quanto non seguita dal tempestivo deposito, è del tutto inidonea a perfezionare la costituzione del rapporto giuridico processuale innanzi al giudice amministrativo, con la conseguenza che detta notifica deve ritenersi, ai fini che qui occupano, del tutto irrilevante.

Nel merito, afferma, in primo luogo, che l’applicazione dell’art. 10 –bis della l. n. 214/90, evocato dall’associazione ricorrente, non trova applicazione in materia di accesso agli atti amministrativi.

L’accesso soddisfa esso stesso un interesse partecipativo strumentale/secondario, rispetto all’interesse principale e, pertanto, non prevede tale fase di interlocuzione.

Non vi è stata, in sostanza, alcuna violazione del principio di partecipazione procedimentale.

Nell’ambito dell’istituto dell’accesso, poi, non è configurabile silenzio – inadempimento atteso che l’art. 25, comma 4, della l. n. 241/90, qualifica il silenzio opposto dall’amministrazione in termini di silenzio significativo, equiparandolo ad un provvedimento di rigetto.

Ribadisce, comunque, che l’istanza di accesso era formulata in modo generico, e senza chiarire quale fosse l’interesse concreto ed attuale alla stessa sotteso.

La documentazione richiesta, inoltre, contiene dati sensibili di terzi, i quali avrebbero dovuto essere evocati i giudizio in qualità di controinteressati.

Per quanto riguarda poi, il preteso silenzio – inadempimento in merito all’istanza di avvio del procedimento preordinato alla conclusione di un accordo, ex art. 11 l. n. 241/90, sostiene che, anche a volerne ritenere la natura pubblicistica, tale strumento è espressione dell’attività discrezionale dell’amministrazione e non forma oggetto di un’attività “vincolata”.

La pretesa risarcitoria della ricorrente, comunque, è sfornita di ogni sostegno probatorio.

Roma Capitale, dal canto suo, ha messo in luce che la nota di risposta del 29.8.2014, doveva considerarsi un diniego di accesso e che, pertanto, la notifica del ricorso, è avvenuta ben oltre il termine decadenziale previsto dall’art. 116 c.p.a. comma 1, c.p.a..

L’istanza della ricorrente era, comunque, indefinita, nonché relativa ad atti detenuti da soggetti aventi personalità giuridica distinta ed autonoma rispetto a quella di Roma Capitale

Quanto, invece, all’azione ex art. 31 c.p.a., evidenzia come il procedimento relativo alla ricollocazione del personale dell’A.N.C.R. attenga “ad un percorso di natura politica” che non può tradursi nella rivendicazione di un vero e proprio obbligo di provvedere da parte dell’amministrazione.

Il ricorso, infine, è stato assunto per la decisione alla camera di consiglio del 20 maggio 2015.

TAR_LazioIl Collegio, in via preliminare, rileva che, sebbene in maniera non del tutto perspicua, la controversia in esame riguarda non soltanto la pretesa dell’associazione ricorrente di accedere agli atti originariamente richiesti con l’istanza del 20.6.2014, ma anche di conseguire, ai sensi dell’art. 31 del c.p.a., l’accertamento dell’obbligo di provvedere in ordine all’istanza di avvio e conclusione di un procedimento inteso alla ricollocazione lavorativa del personale aderente all’associazione ricorrente, sulla base di impegni assunti, mediante “mozioni” e/o protocolli di intesa, anche da parte delle amministrazioni odierne convenute.

Orbene, il Collegio reputa che, sotto tale profilo (come anticipato al difensore di parte ricorrente in camera di consiglio) la controversia esuli dalla giurisdizione del giudice amministrativo.

Ai sensi dell’art. 63, comma 1, del d.lgs n. 165/2001, sono infatti devolute “al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’ articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo”.

Al giudice amministrativo è rimasta invece la sola cognizione delle “procedure concorsuali di assunzione”, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, dei rapporti di lavori del personale rimasto in regime di diritto pubblico (art. 63, comma 4, del cit. d.lgs. n. 165/2001 e art. 133, comma 1, lett. i del c.p.a.).

La giurisdizione (per così dire, esclusiva), comporta che il g.o. può adottare nei confronti delle p.a. tutti i provvedimenti di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura della situazione giuridica, “senza che sia consentito operare distinzioni tra norme sostanziali e procedurali, con la rilevabilità anche dei vizi formali. Né potrebbe ammettersi un’autonoma tutela dell’interesse procedimentale mediante l’impugnativa del silenzio rifiuto presso il giudice amministrativo, anche per i casi in cui difetta di giurisdizione su ogni controversia relativa ai rapporti di lavoro privatizzato, dal momento che l’interesse al giusto procedimento è assorbito dalla posizione sostanziale, completamente protetta ormai dal g.o. Ne consegue, pertanto, l’inammissibilità, per difetto di giurisdizione, dei ricorsi proposti per contestare il silenzio serbato dall’Amministrazione in ordine ad istanze o diffide formulate nei riguardi di pretese qualificabili come diritti soggettivi e non riconducibili ad ambiti di giurisdizione esclusiva amministrativa” (TAR Lazio, Roma, sez.I^, sentenza n. 12630 del 9.12.2009).

Così, anche nel caso di specie, la posizione soggettiva sottesa alle istanze volte all’assunzione degli aderenti all’associazione presso l’amministrazione capitolina ovvero in una delle aziende dalla stessa controllate, attiene ad una materia che è ormai sottratta alla giurisdizione amministrativa ed in cui non sono ravvisabili interessi legittimi.

Spetta pertanto al giudice ordinario stabilire se tali pretese abbiano natura di diritto soggettivo e quali siano le modalità di soddisfazione di tale diritto.

2.1.      Relativamente, invece, alle istanze di accesso, non si pone alcun problema di giurisdizione, in quanto esse riguardano un diritto soggettivo di cui il giudice amministrativo conosce in sede di giurisdizione esclusiva.

Il giudizio in materia di accesso ha infatti per oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto di accesso, più che la verifica della sussistenza o meno dei vizi di legittimità dell’attività amministrativa ((TAR Lazio, sez. II^, sentenza n. 7020 del 5.8.2011).

Ciò posto, nel caso di specie, deve tuttavia convenirsi con la difesa delle amministrazioni intimate che il ricorso in materia di accesso si appalesa irricevibile.

Il Collegio rileva infatti che, a differenza di quanto assunto dall’associazione ricorrente, la notifica del primo ricorso (avvenuta in data 3.2.2015), è, ai fini della costituzione del rapporto giuridico processuale, del tutto irrilevante, poiché tale atto non è stato mai depositato in quanto tale, ma solo come allegato al ricorso (doc.1) inviato a mezzo posta il successivo 26.2.2015.

Pertanto – ove si consideri la data di notifica dell’unico ricorso che può formare oggetto di cognizione da parte di questo giudice amministrativo – deve dichiararsene l’irricevibilità, sia nei confronti di Ama che di Roma Capitale, essendo ormai decorso il termine decadenziale previsto dall’art. 116, comma 1, c.p.a., alla stregua del quale “1. Contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi di trasparenza il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all’amministrazione e ad almeno un controinteressato”

Il diniego di Ama impugnato è, infatti, del 2.1.2015, di talché il ricorso avrebbe dovuto essere consegnato per la notifica entro l’1.2.2015.

Relativamente, invece, a Roma Capitale, non può condividersi l’assunto di quest’ultima secondo cui la nota del 29.8.2014 deve considerarsi un vero e proprio diniego di accesso.

Il tenore di tale documento, denota, piuttosto, una sorta di non liquet poiché, con essa, il Dipartimento Organizzazione e Risorse Umane si limitava a trasmettere ad Ama, nonché ad altre ripartizioni interne della stessa amministrazione capitolina, l’istanza di accesso, significando di non avere formato alcuno degli atti richiesti, né di detenerlo stabilmente.

Tuttavia, l’ultimo sollecito inviato all’amministrazione, come documentato dalla stessa ricorrente,

risale all’8.10.2014.

Ai sensi dell’art. 25, comma 4, della l. n. 241/90 “4. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta”.

Su di essa, pertanto, si è formato, il silenzio – rigetto sin dall’8.11.2014 ed è da tale data che deve computarsi il termine decadenziale di trenta giorni previsto dall’art. 116, comma 1, c.p.a..

Il ricorso risulta spedito a mezzo posta soltanto il 26.2.2015, con la conseguenza che, anche in questo caso, esso risulta, ormai, intempestivo.

  1. In definitiva, per quanto appena argomentato, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, relativamente all’azione ex art. 31, c.p.a., ed irricevibile per quanto riguarda il ricorso per l’accesso.

Appare tuttavia equo, in relazione al carattere sensibile degli interessi coinvolti, compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio e gli onorari di difesa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II^, definitivamente pronunciando sul ricorso, di cui in premessa, così provvede:

1) dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso ex art. 31, c.p.a.. Indica, quale giudice munito di giurisdizione, il giudice ordinario, innanzi al quale la causa potrà essere riassunta nei termini di cui all’art. 11, c.p.a..

2) dichiara il ricevibile il ricorso per l’accesso.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del giorno 20 maggio 2015 e del 17 giugno 2015

con l’intervento dei magistrati:

Filoreto D’Agostino,  Presidente

Silvia Martino,            Consigliere, Estensore

Carlo Polidori,            Consigliere

 

L’ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)