MOBILITA’ DEL PUBBLICO DIPENDENTE E NUOVO CONCORSO, STABILIZZAZIONE, GIURISDIZIONE

MOBILITÀ DEConsiglio-di-StatoL DIPENDENTE: RAPPORTI CON LE PROCEDURE DI STABILIZZAZIONI; OBBLIGO DI PREVIA MOBILITÀ PRIMA DI UN NUOVO CONCORSO E PRIORITÀ DEL PERSONALE DI PRESTITO;  GIURISDIZIONE SULLE CONTROVERSIE.

(Consiglio di Stato, Sez. III, 14 luglio 2015, n. 3513)

 

  1. Il principio del previo esperimento delle procedure di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale, peraltro già presente nell’ordinamento, è stato specificamente posto dall’art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, il cui secondo comma commina la nullità degli accordi, atti e clausole dei contratti collettivi volti ad eluderne l’applicazione, mentre il comma 2 bis (aggiunto dall’art. 5, co.1 quater, d.l. 31 gennaio 2005 n. 7, conv. con mod. dalla l. 31 marzo 2005 n. 43) prevede che “Le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all’immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Il trasferimento è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell’area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza”. Il principio in parola è applicabile non già limitatamente al personale in posizione di comando o di fuori ruolo presso l’amministrazione ricevente, bensì “in via prioritaria” in favore tale personale rispetto a quello che presti ancora servizio presso altre amministrazioni.
  2. La normativa sopravvenuta in materia di stabilizzazione del precariato ha privilegiato la stabilizzazione rispetto alla mobilità, con conseguente irrilevanza dell’assunto secondo cui la procedura concorsuale indetta non si distinguerebbe dalle “procedure concorsuali” alle quali fa riferimento il detto art. 30, comma 2 bis ( * )
  3. La controversia in tema di diritto alla mobilità, come quella relativa al diritto allo scorrimento di una graduatoria concorsuale, non attiene alla fase della procedura di concorso ovvero al controllo giudiziale sulla legittimità della scelta discrezionale operata dell’Amministrazione, la cui tutela è demandata al giudice cui spetta il controllo del potere amministrativo ai sensi dell’art. 103 Cost., ma alla connessa fase successiva relativa agli atti di gestione del rapporto di lavoro, facendosi valere appunto il “diritto all’assunzione” al di fuori dell’ambito della procedura concorsuale, donde la sussistenza della giurisdizione civile (cfr., ex multis, Cons. St., sez. III 21 maggio 2013 n. 2754).
  4. Qualora l’eventuale riconoscimento del diritto alla mobilità sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione di diverse procedure (quale, nella fattispecie in trattazione, il concorso) per la copertura dei posti resisi vacanti, la controversia ha in realtà ad oggetto diretto il controllo giudiziale sulla legittimità della scelta discrezionale operata dell’amministrazione, a fronte della quale la situazione giuridica privata dedotta in giudizio appartiene alla categoria degli interessi legittimi, la cui tutela è demandata al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 63, co. 4, del d.P.R. n. 165 del 2001 (cfr. Cass. ss.uu. 6 maggio 2013 n. 10404).

( * ) In linea col principio dell’art. 1, comma 519, concernente in generale la stabilizzazione, e comma 565, lett. c), n. 3, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, concernente nello specifico la verifica da parte degli enti del servizio sanitario regionale della possibilità di trasformare le posizioni di lavoro già coperte da personale precario in posizioni di lavoro dipendente a tempo determinato nell’ambito della finalità di riduzione della spesa complessiva del relativo personale, in tema di detto personale sanitario precario con l’art. 6 della legge regionale 15 gennaio2009 n. 1 la Regione Calabria ne ha disciplinato la stabilizzazione.

In particolare, al comma 2 (come aggiunto dall’art. 1, l.r. 19 marzo 2009 n. 5, applicabile ratione temporis) per il personale della dirigenza del ruolo sanitario ha previsto che “si procederà ad apposita selezione concorsuale con riserva fino al 50% dei posti in favore di quello con rapporto di lavoro a tempo determinato individuato …”.

Trattandosi di situazioni di fatto originate dall’utilizzo improprio del precariato per soddisfare esigenze durature, da sanare in favore di sanitari già espletanti mansioni e funzioni presso quell’ente, risulta evidente che la menzionata normativa nazionale e regionale, successiva al d.lgs. n. 165 del 2001 ed all’introduzione del comma 2 bis del cit. art. 30, nonché in rapporto di specialità rispetto a quest’ultima previsione generale, abbia inteso derogare al principio anzidetto. Ciò tenuto anche conto, in positivo, della finalità di garantire la continuità del servizio mediante risorse interne dotate di specifica esperienza, in applicazione dei canoni fondamentali di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa; e, in negativo, della sostanziale vanificazione dell’intento sanante di posizioni improprie, così finalizzato, ove la stabilizzazione dovesse ritenersi subordinata al previo esperimento della mobilità.

 

 

 

 

  1. 03513/2015REG.PROV.COLL.
  2. 10606/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10606 del 2009, proposto da: Azienda Ospedaliera Bianchi – Melacrino – Morelli di Reggio Calabria, rappresentata e difesa dall’avv. A. G., con domicilio eletto presso il dott. A. B. (Studio R.) in Roma, via O. n. 10;

contro

  1. L., rappresentato e difeso dall’avv. M. M., con domicilio eletto presso l’avv. M. M. in Roma, via V. C. n. 32;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. CALABRIA – SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00811/2009, resa tra le parti, concernente il concorso a due posti di dirigente medico per la disciplina di ortopedia e traumatologia.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di F. L.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2015 il Cons. Angelica Dell’Utri e uditi per le parti gli avvocati P., su delega di G., e M.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso davanti al TAR per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, il dott. F. L., premesso di essere dirigente medico specializzato in ortopedia e traumatologia in servizio presso il presidio ospedaliero di Polistena (ASP n. 5), richiedente ripetutamente di essere trasferito per mobilità presso l’Azienda ospedaliera Bianchi-Melacrino-Morelli di Reggio Calabria, senza ottenere riscontro, ha impugnato la deliberazione 9 luglio 2009 n. 419 del Direttore generale di quest’ultima, con cui è stato indetto un concorso per la copertura di due posti di dirigente medico per la disciplina di ortopedia e traumatologia, di cui uno riservato alla stabilizzazione del personale precario, ai sensi dell’art. 6, co. 2, della legge regionale della Calabria n. 1 del 2009.

Il TAR ha accolto il ricorso con sentenza in forma semplificata 3 novembre 2009 n. 811, notificata il 13 seguente. In particolare, respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’Amministrazione resistente, il TAR ha ritenuto che a mente dell’art. 30, co. 2 bis, del d.lgs. n. 165 del 2001 il previo esperimento della mobilità costituisca condizione di legittimità dell’eventuale, successivo ricorso a procedure concorsuali, non derogata dalla circostanza che nella specie il concorso sia stato bandito per la stabilizzazione del soggetti già alle dipendenze dell’Azienda con contratti a termine.

2.- Con atto notificato il 21-31 dicembre 2009 e depositato il giorno successivo l’Azienda ha appellato detta sentenza, deducendo:

a.- Difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Il primo giudice ha respinto l’eccezione nel rilievo che il ricorrente si duole in via immediata e diretta dell’illegittimità dell’indizione della procedura, non del mancato riscontro delle proprie istanze di mobilità. Ma il dott. L. chiedeva soprattutto ordinarsi la preventiva attivazione delle procedure di mobilità, ossia la domanda attiene al bene della vita “trasferimento per mobilità” e non alla selezione pubblica, pertanto rientra nella giurisdizione del giudice del lavoro.

Né può sostenersi che gli atti impugnati configurino provvedimenti di macro-organizzazione, i quali riguardano le linee fondamentali dell’organizzazione degli uffici.

b.- Erroneità della sentenza nel merito.

Disattendendo l’orientamento espresso in sede cautelare dal Consiglio di stato circa la prevalenza della stabilizzazione sulla mobilità, il TAR non ha tenuto conto che il concorso era stato bandito ai sensi dell’art. 6, co. 2, della l.r. n. 1 del 2009, introdotto dall’art. 1 della l.r. n. 5 del 2009, il quale, in tema di stabilizzazione, prevede per il personale della dirigenza del ruolo sanitario l’indizione di “apposita selezione concorsuale con riserva fino al 50% dei posti in favore di quello con rapporto a tempo determinato …”, affermando che invece le procedure di stabilizzazione in parola hanno natura concorsuale e non risultano ragioni testuali né di ratio di tutela per distinguerle dalle procedure concorsuali di cui all’art. 30, co. 2 bis, del t.u. n. 165 del 2001. Di contro, come ha avuto modo di chiarire la direttiva 30 aprile 2007 n. 7 del Ministro per le riforme e le innovazioni nelle p.a., la mobilità ha precedenza rispetto alle sole procedure di concorso ma non rispetto alla stabilizzazione, anche in base alla ratio di quest’ultima. La stabilizzazione ha infatti finalità di valorizzare le professionalità interne all’amministrazione e sanare situazioni di precarietà, che generano incertezza e malcontento sociale, e nel contempo non è derogatoria dal principio del pubblico concorso, in quanto eccezionale e prevedente procedure selettive. Oltretutto, è previsione legislativa successiva al cit. art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001. Inoltre, non si comprende la ragione della precedenza in favore della mobilità, dal momento che entrambe le categorie di personale sono interne alla p.a., onde non è configurabile una priorità di status, mentre è maggiore l’esigenza di tutelare gli aspiranti alla stabilizzazione, a livello sia personale (stante la loro precarietà), sia di interesse pubblico (stante il maggior interesse della p.a. a mantenere in servizio persone già interne e con acquisita esperienza).

Né era possibile far coprire il 50% dei posti per mobilità anziché per concorso, senza pregiudizio per la stabilizzazione, poiché la riserva di legge per i precari è riferita a selezione concorsuale. Nella specie, poi, il concorso era a due posti, per cui se si eliminasse un posto non potrebbe farsi luogo alla riserva.

D’altra parte, la preferenza per la mobilità di cui al detto art. 30 non è assoluta, ma, come ribadito dalla circolare n. 4/2008 del Dipartimento della funzione pubblica, solo per i dipendenti provenienti da altre amministrazioni in posizione di comando o fuori ruolo, in cui non si trova il dott. L..

In passato l’Azienda ha attivato la procedura di mobilità con trasferimento di due dirigenti medici di ortopedia, senza opposizione del dott. L..

Infine, neppure sussistono i vizi, pure dedotti, di violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e di eccesso di potere per violazione dei principi di buon andamento della p.a. e correttezza, avuto riguardo ai chiari contenuti della delibera, mentre è errato che con la mobilità si conseguirebbero “economie di spesa”, stanti gli stessi oneri retribuitivi per il neo-assunto sia per concorso che per mobilità, né v’è risparmio in via generale per il servizio sanitario, atteso che l’Azienda di provenienza dovrebbe provvedere a coprire il posto restato vacante.

L’appellato si è costituito in giudizio e, ricordati i proposti motivi di ricorso, ha svolto ampie controdeduzioni.

3.- L’appello, introitato in decisione all’udienza pubblica del 23 aprile 2015, dev’essere disatteso quanto alla riproposta eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

È ben vero che la controversia in tema di diritto alla mobilità, come quella relativa al diritto allo scorrimento di una graduatoria concorsuale, non attiene alla fase della procedura di concorso ovvero al controllo giudiziale sulla legittimità della scelta discrezionale operata dell’Amministrazione, la cui tutela è demandata al giudice cui spetta il controllo del potere amministrativo ai sensi dell’art. 103 Cost., ma alla connessa fase successiva relativa agli atti di gestione del rapporto di lavoro, facendosi valere appunto il “diritto all’assunzione” al di fuori dell’ambito della procedura concorsuale, donde la sussistenza della giurisdizione civile (cfr., ex multis, Cons. St., sez. III 21 maggio 2013 n. 2754). È però altrettanto vero che, ove invece l’eventuale riconoscimento del suddetto diritto sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione di diverse procedure (quale, nella fattispecie in trattazione, il concorso) per la copertura dei posti resisi vacanti, la controversia ha in realtà ad oggetto diretto il controllo giudiziale sulla legittimità della scelta discrezionale operata dell’amministrazione, a fronte della quale la situazione giuridica privata dedotta in giudizio appartiene alla categoria degli interessi legittimi, la cui tutela è demandata al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 63, co. 4, del d.P.R. n. 165 del 2001 (cfr. Cass. ss.uu. 6 maggio 2013 n. 10404).

4.- Nel merito l’appello è però fondato, per le ragioni di fondo già espresse da questo Consiglio di Stato in sede cautelare con l’ordinanza 3 febbraio 2010 n. 614 della sezione quinta.

4.1.- Il principio del previo esperimento delle procedure di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale, peraltro già presente nell’ordinamento, è stato specificamente posto dall’art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, il cui secondo comma commina la nullità degli accordi, atti e clausole dei contratti collettivi volti ad eluderne l’applicazione, mentre il co. 2 bis (aggiunto dall’art. 5, co.1 quater, d.l. 31 gennaio 2005 n. 7, conv. con mod. dalla l. 31 marzo 2005 n. 43) prevede che “Le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all’immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Il trasferimento è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell’area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza”.

Non v’è dubbio che, diversamente da quanto sostenuto dall’Amministrazione appellante, il principio in parola è applicabile non già limitatamente al personale in posizione di comando o di fuori ruolo presso l’amministrazione ricevente, bensì “in via prioritaria” in favore tale personale rispetto a quello che presti ancora servizio presso altre amministrazioni.

4.2.- Tuttavia, in linea col disposto dell’art. 1, co. 519, concernente in generale la stabilizzazione, e co. 565, lett. c), n. 3, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, concernente nello specifico la verifica da parte degli enti del servizio sanitario regionale della possibilità di trasformare le posizioni di lavoro già coperte da personale precario in posizioni di lavoro dipendente a tempo determinato nell’ambito della finalità di riduzione della spesa complessiva del relativo personale, in tema di detto personale sanitario precario con l’art. 6 della legge regionale 15 gennaio2009 n. 1 la Regione Calabria ne ha disciplinato la stabilizzazione.

In particolare, al co. 2 (come aggiunto dall’art. 1, l.r. 19 marzo 2009 n. 5, applicabile rationetemporis) per il personale della dirigenza del ruolo sanitario ha previsto che “si procederà ad apposita selezione concorsuale con riserva fino al 50% dei posti in favore di quello con rapporto di lavoro a tempo determinato individuato …”.

Trattandosi di situazioni di fatto originate dall’utilizzo improprio del precariato per soddisfare esigenze durature, da sanare in favore di sanitari già espletanti mansioni e funzioni presso quell’ente, risulta evidente che la menzionata normativa nazionale e regionale, successiva al d.lgs. n. 165 del 2001 ed all’introduzione del co. 2 bis del cit. art. 30, nonché in rapporto di specialità rispetto a quest’ultima previsione generale, abbia inteso derogare al principio anzidetto. Ciò tenuto anche conto, in positivo, della finalità di garantire la continuità del servizio mediante risorse interne dotate di specifica esperienza, in applicazione dei canoni fondamentali di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa; e, in negativo, della sostanziale vanificazione dell’intento sanante di posizioni improprie, così finalizzato, ove la stabilizzazione dovesse ritenersi subordinata al previo esperimento della mobilità.

Né alcuna ragione di un diverso orientamento si ravvisa nel disposto sia dell’art. 20 del CCNL del comparto sanità 8 giugno 2000, sia degli artt. 3, co. 2, lett. n), e 6, co. 2, n. 3), della legge 4 marzo 2009 n. 15 (recante “delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività nel lavoro pubblico …”), richiamati dall’appellato. Il primo, difatti, si limita a disciplinare la procedura di mobilità dei dirigenti tra aziende ed enti del comparto, peraltro successivamente innovata; i secondi, i quali ad avviso dell’appellato segnerebbero un revirement rispetto all’ammessa previdenza del favor attribuito alla stabilizzazione, non possono trovare applicazione diretta nella fattispecie in esame, se non altro in quanto dettano criteri per l’attuazione della delega (poi esercitata col d.lgs. 27 ottobre 2009 n. 150, in vigore dal 15 novembre 2009), peraltro concernenti l’intero settore del lavoro pubblico.

4.3.- In definitiva, il Collegio è dell’avviso che la detta normativa sopravvenuta abbia privilegiato la stabilizzazione rispetto alla mobilità, con conseguente irrilevanza dell’assunto del primo giudice secondo cui la procedura indetta non si distinguerebbe dalle “procedure concorsuali” alle quali fa riferimento il detto art. 30, co. 2 bis.

La norma regionale richiamata esige, infatti, che la stabilizzazione dei dirigenti sanitari a tempo determinato avvenga mediante riserva nell’ambito di un concorso pubblico, sicché proprio il concorso pubblico costituisce l’indispensabile strumento per pervenirvi.

4.4.- Quanto, poi, al vizio, ribadito in questa sede dall’appellato anche con richiamo alla sentenza 20 dicembre 2009 n. 293, di difetto di specifica motivazione in ordine al ricorso alla riserva nell’ambito del concorso pubblico, da cui sarebbe affetta la deliberazione a suo tempo impugnata, è agevole opporre che è la legge regionale n. 1 del 2009 a prevedere la riserva; riserva che, d’altra parte, si spiega proprio con la ratio su enunciata ed individuata, principalmente, nell’esigenza funzionale delle aziende di reclutare dirigenti sanitari specificamente già formati ed integrati e che giustifica, di per sé, la conforme determinazione dell’Amministrazione, mentre è inconferente il richiamo alla citata pronuncia della Corte costituzionale, con cui è stata ritenuta l’illegittimità costituzionale di una norma regionale (art. 1 l.r. Veneto 26 giugno 2008 n. 3) in quanto prevedente una deroga al concorso pubblico riferita “a figure professionali, come i dirigenti sanitari, per le quali assume particolare importanza il pieno rispetto della selezione concorsuale”, nella specie invece assicurata.

5.- In conclusione, per le considerazioni esposte al punto 4.2) che precede e con riferimento ai corrispondenti ed assorbenti profili di censura svolti nel secondo motivo, l’appello dev’essere accolto. Ne deriva la riforma della sentenza appellata nel senso della reiezione del ricorso di primo grado.

Tuttavia, la peculiarità della vicenda consiglia la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie il medesimo appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Carlo Deodato, Consigliere

Salvatore Cacace, Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Angelica Dell’Utri, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)