ANCORA SULL’OBBLIGO DI MOTIVAZIONE DEI GIUDIZI NEI CONCORSI, SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA, SULLA DISCIPLINA SPECIALE DEL CONCORSO IN MAGISTRATURA

ANCORA SULL’OBBLIGO DI MOTIVAZIONE DEI GIUDIZI NEI CONCORSI, SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA, SULLA DISCIPLINA SPECIALE DEL CONCORSO IN MAGISTRATURA

(TAR Lazio, Sez. I, 29 luglio 2015, n. 10454)

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  1. Anche successivamente all’entrata in vigore della l. 7 agosto 1990 n. 241 il voto numerico, attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte od orali di un concorsopubblico o di un esame, esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o chiarimenti; e ciò in quanto la motivazione espressa numericamente, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato” (così, ex multis, C.d.S., IV, 5 settembre 2013, n. 4457; V, 11 gennaio 2013, n. 102; VI, 11 febbraio 2011, n. 913; IV, 4 maggio 2010, n. 2543; IV, 19 maggio 2008, n. 2293; IV, 10 aprile 2008, n. 1553; VI, 6 settembre 2005, n. 4529; IV, 10 maggio 2005, n. 2269; V, 11 novembre 2004, n. 7332), senza che necessiti, ai fini della legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, l’apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsivoglia tipo sugli elaborati in relazione agli eventuali errori commessi (IV, 16 aprile 2012 n. 2166; id. 12 aprile 2011, n. 1612).
  1. L’obbligo di motivazione cui ha riguardo la legge n. 241/90, sempre secondo la giurisprudenza prevalente, riguarda espressamente la vera e propria attività provvedimentale della Pubblica Amministrazione, e non può essere quindi esteso ai semplici giudizi e alle valutazioni amministrative (cfr., ex multis, C.d.S., IV Sez., 19 ottobre 2007 n. 5468, 20 novembre 2000 n. 6160 e 1 febbraio 2001 n. 367; C.d.S., Sez. VI, 13 gennaio 1999 n. 14 e 27 maggio 1996 n. 747; T.A.R. Lazio, Sez. I, n. 11690/2007).
  1. Le valutazioni espresse da una commissione di concorso nelle prove scritte ed orali dei candidati costituiscono espressioni di ampia discrezionalità tecnica e, come tali, sfuggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate ictu oculi da eccesso di potere sub specie delle sintomatiche figure dell’arbitrarietà, della irragionevolezza, della irrazionalità e del travisamento dei fatti.
  1. Il giudizio della Commissione di concorso, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (ex multis, C.d.S., V, n. 6219 del 2012; id., IV, n. 172 del 2006; Tar Lazio, sez. I, n. 2467 del 2012 e n. 26342 del 2010).
  1. Pur in presenza del superamento dell’equazione concettuale tra discrezionalità tecnica e merito – quest’ultimo riservato all’Amministrazione nella determinazione del regolamento di interessi più opportuno, e dunque insindacabile – nondimeno il limite del controllo giurisdizionale è dato dal fatto che l’applicazione della norma tecnica non sempre si traduce in una legge scientifica universale, caratterizzata dal requisito della certezza, ed anzi, quando contiene concetti giuridici indeterminati, dà luogo ad apprezzamenti tecnici ad elevato grado di opinabilità (Tar Lazio, sez. I, n. 2900 del 2011 e n. 6209 del 2004). Il giudicante non può, quindi, ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell’organo valutatore (e dunque sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione) – essendo all’uopo irrilevanti anche i pareri pro veritate volti a confutare detta valutazione (C.d.S., IV, 28 ottobre 2009, n. 5413), poiché non è consentito sovrapporre alle determinazioni adottate dalla Commissione giudicatrice il parere reso da un soggetto terzo, quali che siano la sua qualifica professionale e il livello di conoscenze tecniche ed esperienze acquisite nella materia d’esame (C.d.S. IV, 16 febbraio 2011, n. 1008) – se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della logicità (ex multis, Consiglio Stato, sez. VI, n. 871 del 2011).
  1. Il dettato normativo per il concorso a magistrato ordinario esclude il ricorso a discipline o principi espressi per altri concorsi, stante che ai sensi dell’art. 1, comma 5, del D.Lgs. 160/06 (recante “Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati”), “5. Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta. Conseguono l’idoneità i candidati che ottengono non meno di sei decimi in ciascuna delle materie della prova orale di cui al comma 4, lettere da a) a l), e un giudizio di sufficienza nel colloquio sulla lingua straniera prescelta, e comunque una votazione complessiva nelle due prove non inferiore a centootto punti. Non sono ammesse frazioni di punto. Agli effetti di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali é motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico, mentre l’insufficienza é motivata con la sola formula «non idoneo»”. In tali termini, il decreto legislativo n. 160/2006 da un lato ha chiaramente disciplinato le condizioni per l’ammissione alla prova orale, chiarendo che il giudizio non inferiore a dodici ventesimi di punti deve essere conseguito dal candidato in ciascuna delle materie oggetto della prova scritta; dall’altro, con disposizione di fonte primaria, quindi di pari livello rispetto alla previsione dettata dall’art. 3, L. n. 241/1990, ha chiarito che i giudizi espressi dalla commissione sulle prove scritte e orali soddisfano il generale obbligo motivazionale con l’indicazione del punteggio numerico e, per casi di insufficienza, con l’impiego della formula <non idoneo>.
  2. In tema di correzione delle prove scritte per il concorso in magistratura ordinaria, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che “non risulta utilmente invocabile il raffronto con gli elaborati di candidati giudicati idonei, dovendo in proposito ricordarsi che il vizio di disparità di trattamento postula l’identità o la totale assimilabilità delle situazioni di base poste a raffronto (Consiglio di Stato – Sez. IV, 12 febbraio 2010, n. 805; id., n. 1390/2007; T.A.R. Lazio, sez. I, 23 settembre 2010, n. 32419) e dovendo affermarsi l’irrilevanza, in genere, per un candidato, del giudizio reso in favore di altro concorrente laddove la valutazione delle prove di quest’ultimo non abbia tenuto conto di errori o imperfezioni commesse dal primo”.

 

 

  1. 10454/2015 REG.PROV.COLL.
  2. 02846/2012 REG.RIC.

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2846 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
I. R., rappresentata e difesa dagli avv.ti S. O., E. M. e G. M.i, con domicilio eletto presso E. M. in Roma, Via I. N., 61;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., Consiglio Superiore della Magistratura, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

previa sospensione dell’esecuzione

– del provvedimento (di estremi non conosciuti) con il quale la ricorrente è risultata non idonea alle prove scritte del concorso per esami a n. 360 posti di magistrato ordinario indetto con D.M. 12 ottobre 2010 e, quindi, esclusa dal concorso;- dei verbali 24 giugno 2011, n. 8, 30 giugno 2011, n. 10 e 14 luglio 2011, n. 25 della Commissione esaminatrice;- di ogni altro atto ad esso antecedente, conseguente, collegato o comunque connesso.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Consiglio Superiore della Magistratura;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 giugno 2015 la dott.ssa Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

  1. La dott.ssa I. R., odierna esponente, rappresenta di avere partecipato al concorso per esami a 360 posti di magistrato ordinario, indetto con D.M. 15 ottobre 2010; di essere venuta a conoscenza, in data 20 febbraio 2012, che la Commissione esaminatrice ha espresso un

giudizio di “non idoneità” riguardo alle prove scritte dalla medesima espletate.

La dott.ssa R. si è quindi gravata avverso la propria esclusione dalle prove orali del concorso e gli atti della procedura concorsuale.

  1. Questi i motivi di ricorso dedotti:
  2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma terzo, del D.L.vo 5 aprile 2006, n. 160. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto. Illogicità. Difetto di istruttoria. Travisamento dei fatti. Illegittimità derivata.

La ricorrente contesta la violazione dell’art. 5, comma terzo, del D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 160, che richiede la presenza di tutti i componenti della Commissione alle operazioni concorsuali, laddove dal verbale n. 8 del 24 giugno 2011 risultava la presenza di solo 20 componenti su 29 alla seduta in cui si discuteva dei criteri generali per la valutazione degli elaborati scritti, mentre dal verbale n. 10 del 30 giugno 2011, che esplicitava i suddetti criteri generali, solo 28 componenti su 29 risultavano presenti;

  1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma sesto, del D.L.vo 5 aprile 2006, n. 160. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto. Illogicità. Difetto di istruttoria. Travisamento dei fatti. Illegittimità derivata.

L’odierna deducente lamenta l’irregolare composizione della sottocommissione che ne ha valutato gli elaborati, essendo questa formata solo da 10 componenti invece di 14 (la metà di 29), di tal che i tre Collegi che hanno condotto le operazioni sarebbero stati composti da un numero di persone

Inferiore, con condizionamento del giudizio espresso sulle prove scritte della ricorrente;

III) Violazione e falsa applicazione dell’art. l, comma primo e 3, comma primo, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e succ. mod. ed int.. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto. Manifesta illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà e travisamento dei fatti. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illegittimità derivata.

La ricorrente assume che gli elaborati scritti di altri candidati, che presentavano una forma italiana

ed un contenuto analoghi e addirittura deteriori rispetto ai suoi, sarebbero stati valutati positivamente, onde il giudizio di inidoneità espresso nei suoi confronti contrasterebbe con i principi di cui agli artt. 1, comma primo, e 3, comma primo, della legge n. 241 del 1990 e sarebbe

anche viziato da eccesso di potere per manifesta illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà e travisamento dei fatti, avendo l’interessata redatto le prove scritte con una superiore proprietà di linguaggio ed una maggiore capacità di analisi delle tracce assegnate e conoscenza delle tematiche sottese.

  1. Con successivo ricorso per motivi aggiunti del 5.7.12, la dott.ssa Rossi, avendo avuto accesso agli elaborati della metà più uno degli altri partecipanti al concorso, a seguito di domanda presentata il 10 maggio 2012, ha svolto due ulteriori motivi di diritto, fondati sulla comparazione tra i propri elaborati e quelli di altri candidati valutati con punteggi di idoneità:
  2. IV)Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma primo, e 3, comma primo, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto. Manifesta illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà e travisamento dei fatti. Disparità di trattamento. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illegittimità derivata.

L’odierna esponente denuncia la violazione di uno dei criteri elaborati dalla Commissione di esame

– quello relativo alla “forma italiana corretta sotto il profilo terminologico, sintattico e grammaticale” ed alla “adeguata padronanza della terminologia giuridica” – con riferimento ad una

serie di elaborati presentati da altri candidati, tutti valutati con punteggi di idoneità; le valutazioni di idoneità sarebbero dunque incongrue rispetto a quelle di inidoneità riportate dalla ricorrente, con conseguente illegittimità derivata degli atti impugnati;

  1. V)Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma primo, e 3, comma primo, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e succ. mod. e int.. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto. Manifesta illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà e travisamento dei fatti. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illegittimità derivata.

La ricorrente assume che gli elaborati scritti di altri candidati, che presentavano una forma italiana

ed un contenuto analoghi e addirittura deteriori rispetto ai suoi, sarebbero stati valutati positivamente, onde il giudizio di inidoneità espresso nei suoi confronti sarebbero affetti da eccesso di potere per manifesta illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà e travisamento dei fatti.

  1. Nel presente giudizio si sono costituiti il Consiglio Superiore della Magistratura e il Ministero della Giustizia per resistere al ricorso in epigrafe, chiedendone il rigetto siccome infondato.
  2. Con ordinanza cautelare n. 2850/2012 del 31 luglio 2012 è stata respinta la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati.
  3. Alla Pubblica Udienza del 3 giugno 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

  1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte.
  2. Sono da disattendere le censure agitate con il primo motivo di ricorso in merito alla ritenuta violazione dell’art. 5 comma 3 del D.Lgs. n. 160 del 2006, secondo il quale il componente della Commissione di concorso può mancare solo nei casi di legittimo impedimento e di forza maggiore, con valutazione rimessa al Consiglio superiore della magistratura.

Invero, in linea con l’orientamento in proposito seguito dalla Sezione, va escluso che l’assenza di taluno dei componenti della Commissione di concorso per l’accesso alla magistratura alla seduta nella quale stabilisce i criteri di valutazione delle prove, riverberi valenza inficiante sui relativi lavori; e tanto, in quanto non risulta conforme alla natura e alla funzione del verbale delle operazioni della Commissione di concorso per l’accesso alla magistratura l’obbligo di esplicitare la causa specifica dell’assenza di un commissario, tenuto altresì conto della circostanza che, relativamente ad essa, l’art. 5 del dlgs. n. 160 del 2006 non prefigura alcuna rilevanza, ponendo invece attenzione solo alla sua qualificazione (come giustificata o ingiustificata) (C.d.S., sez. IV, sent. 10 giugno 2011, n. 3528; T.A.R. Lazio, sez. I, 20 settembre 2010, n. 32353).

Di conseguenza, anche l’illegittimità derivata del giudizio di inidoneità sulle prove scritte dedotte dalla odierna deducente deve essere esclusa.

  1. Anche le doglianze svolte con il secondo motivo di ricorso non sono meritevoli di favorevole considerazione.

Non risultano concrete violazioni del previsto iter procedimentale nella correzione degli elaborati della ricorrente, mentre la censura relativa alla mancata assegnazione di 14 componenti ad ogni sottocommissione non trova ancoraggio nel dato normativo (art. 5, comma sesto, del D.Lgs n. 160/2006: “…. Per la valutazione degli elaborati scritti il presidente suddivide ciascuna sottocommissione in tre collegi, composti ciascun di almeno tre componenti, presieduti dal presidente o dal magistrato più anziano…”), dal quale si evince invero un numero minimo di componenti pari a 9.

  1. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente si duole, sostanzialmente, del merito del giudizio di non idoneità riportato nelle prove scritte ritenute insufficienti, il quale, peraltro, non esplicherebbe adeguatamente l’iter logico seguito dalla Commissione.

4.1 A dire della ricorrente, l’omessa motivazione della valutazione di non idoneità violerebbe l’art. 3 della l. 241/1990, il quale ha previsto, in generale, che tutti gli atti amministrativi devono indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche alla base dell’atto stesso, salve tassative eccezioni, che non includono gli atti concorsuali. Inoltre, la presenza di una motivazione specifica consentirebbe al giudice amministrativo di condurre quel sindacato ab externo sulla ragionevolezza, coerenza e logicità della valutazione concorsuale, che sono propri del giudizio generale di legittimità.

4.2 Orbene, il Collegio, pur riconoscendo il valore delle argomentazioni esposte dall’odierna deducente, deve realisticamente prendere atto di come la giurisprudenza ormai consolidata, e segnatamente quella d’appello, affermi in via generale che “Anche successivamente all’entrata in vigore della l. 7 agosto 1990 n. 241 il voto numerico, attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte od orali di un concorso pubblico o di un esame, esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o chiarimenti; e ciò in quanto la motivazione espressa numericamente, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato” (così, ex multis, C.d.S., IV, 5 settembre 2013, n. 4457; V, 11 gennaio 2013, n. 102; VI, 11 febbraio 2011, n. 913; IV, 4 maggio 2010, n. 2543; IV, 19 maggio 2008, n. 2293; IV, 10 aprile 2008, n. 1553; VI, 6 settembre 2005, n. 4529; IV, 10 maggio 2005, n. 2269; V, 11 novembre 2004, n. 7332), senza che necessiti, ai fini della legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, l’apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsivoglia tipo sugli elaborati in relazione agli eventuali errori commessi (IV, 16 aprile 2012 n. 2166; id. 12 aprile 2011, n. 1612).

D’altra parte, l’obbligo di motivazione cui ha riguardo la legge n. 241/90, sempre secondo la giurisprudenza prevalente, riguarda espressamente la vera e propria attività provvedimentale della Pubblica Amministrazione, e non può essere quindi esteso ai semplici giudizi e alle valutazioni amministrative (cfr., ex multis, C.d.S., IV Sez., 19 ottobre 2007 n. 5468, 20 novembre 2000 n. 6160 e 1 febbraio 2001 n. 367; C.d.S., Sez. VI, 13 gennaio 1999 n. 14 e 27 maggio 1996 n. 747; T.A.R. Lazio, Sez. I, n. 11690/2007).

4.3 Va quindi disattesa la tesi attorea secondo la quale la valutazione di “non idoneità” della prova scritta avrebbe dovuto avere un riscontro motivazionale.

Invero, la censura si pone in contrasto con lo specifico dettato normativo per il concorso a magistrato ordinario – che esclude il ricorso a discipline o principi espressi per altri concorsi – stante che ai sensi dell’art. 1, comma 5, del D.Lgs. 160/06 (recante “Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati”), “5. Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta. Conseguono l’idoneità i candidati che ottengono non meno di sei decimi in ciascuna delle materie della prova orale di cui al comma 4, lettere da a) a l), e un giudizio di sufficienza nel colloquio sulla lingua straniera prescelta, e comunque una votazione complessiva nelle due prove non inferiore a centootto punti. Non sono ammesse frazioni di punto. Agli effetti di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali é motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico, mentre l’insufficienza é motivata con la sola formula «non idoneo»”.

In tali termini, il decreto legislativo n. 160/2006 da un lato ha chiaramente disciplinato le condizioni per l’ammissione alla prova orale, chiarendo che il giudizio non inferiore a dodici ventesimi di punti deve essere conseguito dal candidato in ciascuna delle materie oggetto della prova scritta; dall’altro, con disposizione di fonte primaria, quindi di pari livello rispetto alla previsione dettata dall’art. 3, L. n. 241/1990, ha chiarito che i giudizi espressi dalla commissione sulle prove scritte e orali soddisfano il generale obbligo motivazionale con l’indicazione del punteggio numerico e, per casi di insufficienza, con l’impiego della formula <non idoneo>.

4.4 Va pure sottolineato che costituisce principio ormai acquisito quello secondo cui le valutazioni espresse da una commissione di concorso nelle prove scritte ed orali dei candidati costituiscono espressioni di ampia discrezionalità tecnica e, come tali, sfuggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate ictu oculi da eccesso di potere sub specie delle sintomatiche figure dell’arbitrarietà, della irragionevolezza, della irrazionalità e del travisamento dei fatti.

4.5 Alla luce delle superiori considerazioni deve concludersi che la valutazione riportata dall’odierna ricorrente nelle materie in esame – espressa dalla formula “non idonea” – contenga in sé inequivocabilmente una valutazione di insufficienza della prova concorsuale.

4.5.1 Si consideri infatti che le prove concorsuali in oggetto sono state sottoposte dalla Commissione ad un esame finalizzato ad una valutazione del grado di organicità e del livello di approfondimento raggiunti dal singolo candidato, quali indici della maturità di preparazione teorico-pratica dallo stesso posseduta nella singola materia interessata; vengono dunque in rilievo aspetti che pianamente possono essere rappresentati da un’indicazione aritmetica, stante che gli stessi riguardano la sfera di discrezionalità valutativa di cui si connota l’attività dell’Organo in questione (T.A.R. Lazio, sez. I, n. 6964/2006).

4.5.2 Nel caso di specie, la Commissione esaminatrice, secondo quanto disposto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 160/2006, aveva prefissato i criteri per la valutazione delle prove (verbale n. 10 del 30 giugno 2011).

Onde apprezzare la ricorrenza di una finale motivazione di non idoneità della candidata pure rispondente ai generali e comuni principi di trasparenza dell’attività concorsuale della pubblica amministrazione, occorre quindi richiamare la griglia dei criteri generali di valutazione indicati dalla Commissione, che fungono da utile elemento integrativo della motivazione.

4.5.3 In conclusione, la scelta della Commissione di non fornire una motivazione al giudizio di non idoneità assegnato non contrasta né con le norme generali e particolari applicabili, né con orientamenti giurisprudenziali consolidali, e pertanto il motivo in rassegna, per i richiamati profili, va disatteso.

4.6 Non meritevoli di adesione sono anche le censure, sviluppate con lo stesso motivo, volte a contestare il merito della valutazione riportata dalla ricorrente nei tre elaborati.

4.6.1 Il vaglio giurisdizionale sollecitato con le proposte in esame suggerisce di soffermarsi preliminarmente sull’ambito entro il quale lo stesso è consentito, al fine di parametrare specularmente l’ammissibilità delle doglianze sollevate avverso l’esercizio della discrezionalità valutativa, confluito nell’adozione del giudizio gravato.

4.6.2 In tale direzione, occorre rammentare che, dal momento che il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell’adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, trova espansione il principio per cui l’apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.

Come più volte affermato in giurisprudenza, anche della Sezione (Tar Lazio, sez. I, n. 2467 del 2012 e n. 26342 del 2010), il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (ex multis, C.d.S., V, n. 6219 del 2012; id., IV, n. 172 del 2006).

4.6.3 Pur in presenza del superamento dell’equazione concettuale tra discrezionalità tecnica e merito – quest’ultimo riservato all’Amministrazione nella determinazione del regolamento di interessi più opportuno, e dunque insindacabile – nondimeno il limite del controllo giurisdizionale è dato dal fatto che l’applicazione della norma tecnica non sempre si traduce in una legge scientifica universale, caratterizzata dal requisito della certezza, ed anzi, quando contiene concetti giuridici indeterminati, dà luogo ad apprezzamenti tecnici ad elevato grado di opinabilità (Tar Lazio, sez. I, n. 2900 del 2011 e n. 6209 del 2004).

Il giudicante non può, quindi, ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell’organo valutatore (e dunque sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione) – essendo all’uopo irrilevanti anche i pareri pro veritate volti a confutare detta valutazione (C.d.S., IV, 28 ottobre 2009, n. 5413), poiché non è consentito sovrapporre alle determinazioni adottate dalla Commissione giudicatrice il parere reso da un soggetto terzo, quali che siano la sua qualifica professionale e il livello di conoscenze tecniche ed esperienze acquisite nella materia d’esame (C.d.S. IV, 16 febbraio 2011, n. 1008) – se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della logicità (ex multis, Consiglio Stato, sez. VI, n. 871 del 2011). 4.6.3 Tali circostanze debbono essere escluse nel caso di specie, in cui gli elementi offerti in causa dalla ricorrente non consentono di individuare così gravi carenze nella decisione di valutare negativamente gli elaborati in contestazione.

4.6.4 Del resto, va considerato che la stessa Commissione, nell’elaborare i criteri generali di valutazione, esplicitava lo “scopo di garantire la formazione di giudizi oggettivi ed uniformi nella correzione”; e la II Sottocommissione, procedendo nella correzione, ha dichiarato di volerli recepire integralmente: né poteva variarli ovvero integrarli, venendo altrimenti a ledere il principio della tendenziale uniformità di giudizio delle sottocommissioni istituite presso ciascuna Corte d’appello.

Pare al Collegio indiscutibile che i rammentati criteri sono rispettosi della disciplina di legge; egualmente, non vi è ragione di dubitare del fatto che, nel valutare le prove della ricorrente, la sottocommissione li abbia rispettati, anche se non ha poi indicato espressamente quali abbia utilizzato – evidentemente in negativo – per attribuire un voto insufficiente alla dott.ssa R.: ciò che alla stessa commissione – secondo la ripetuta giurisprudenza, cui questo Collegio ritiene di doversi uniformare – non era peraltro richiesto.

  1. Con il quarto e il quinto motivo di gravame, proposti con ricorso per motivi aggiunti, l’odierna deducente, sviluppando il terzo motivo del ricorso introduttivo, contesta il giudizio di non idoneità dei propri elaborati espresso dalla Commissione, affermando come la stessa abbia adottato un metro di giudizio diverso e più favorevole con riferimento ad altri candidati giudicati idonei.

Nello specifico, l’interessata indica una serie di elaborati che a suo giudizio sarebbero viziati da errori di grammatica o di sintassi o il cui contenuto sarebbe meno approfondito.

5.1 Orbene, il Collegio ritiene di non poter prendere cognizione delle contestate valutazioni della Commissione, non trattandosi nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento di un’attività valutativa e comparativa, avente ad oggetto gli elaborati della candidata e quelli degli altri concorrenti, a tutta evidenza preclusa all’adìto Giudice.

E invero, in forza dei su richiamati canoni ermeneutici, il Collegio non rinviene nella fattispecie la possibilità di conferire rilevanza all’operazione svolta dalla ricorrente di messa a confronto del giudizio su singole parti dei propri elaborati con quelli espressi su altre parti di elaborati di altri candidati valutati idonei, per inferirne la disparità di trattamento ai propri danni.

5.2 In proposito la giurisprudenza amministrativa, proprio in tema di correzione delle prove scritte per il concorso in magistratura ordinaria, ha ritenuto che “non risulta utilmente invocabile il raffronto con gli elaborati di candidati giudicati idonei, dovendo in proposito ricordarsi che il vizio di disparità di trattamento postula l’identità o la totale assimilabilità delle situazioni di base poste a raffronto (Consiglio di Stato – Sez. IV, 12 febbraio 2010, n. 805; id., n. 1390/2007; T.A.R. Lazio, sez. I, 23 settembre 2010, n. 32419) e dovendo affermarsi l’irrilevanza, in genere, per un candidato, del giudizio reso in favore di altro concorrente laddove la valutazione delle prove di quest’ultimo non abbia tenuto conto di errori o imperfezioni commesse dal primo”.

5.3 Va inoltre considerato che, come sopra ricordato, l’esame delle prove concorsuali in oggetto da parte della Commissione mirava ad un apprezzamento del grado di organicità e del livello di approfondimento dei temi raggiunti dal singolo candidato; in particolare, nei criteri generali di correzione è stata posta in rilievo la “capacità di procedere all’analisi dello specifico problema sottoposto e di proporre una soluzione che, anche se non condivisibile, sia comunque logicamente argomentata in coerenza con gli istituti e principi della materia” (c), che si è tradotta nella direttiva volta ad attribuire maggiore rilevanza alla capacità di analisi dimostrata ed alle argomentazioni esposte nell’elaborato, piuttosto che alla soluzione proposta con riguardo alle singole questioni.

Ciò rende ancor più evidente il vizio in cui incorre l’impostazione comparatistica seguita dalla ricorrente nell’articolazione delle censure all’esame – come sottolineato anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato in similari fattispecie concorsuali – sotto un duplice profilo: perché essa isola il singolo errore all’interno della prova di ciascun candidato, prescindendo dalla lettura complessiva dell’elaborato, al fine di confrontare fra loro non i due elaborati nella loro globalità ma solo “spezzoni” di essi; perché, in tal modo, perviene a un arbitrario giudizio di identità fra le due posizioni, per inferirne la sussistenza del vizio di disparità di trattamento (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 dicembre 2011, n. 6601; id., 27 giugno 2011, n. 3885).

5.4 E pertanto anche le censure svolte con motivi aggiunti devono essere disattese.

  1. Per le esposte considerazioni il ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, è infondato e va respinto.
  2. Attesa la natura della controversia, si ritengono sussistere giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come integrato da motivi aggiunti, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Tosti, Presidente

Rosa Perna, Consigliere, Estensore

Ivo Correale, Consigliere

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)