SULL’ONERE DELLA PROVA RELATIVA ALLA CAUSA GIUSTIFICATRICE DEL LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO E AL REPECHAGE

headerSULL’ONERE DELLA PROVA RELATIVA ALLA CAUSA GIUSTIFICATRICE DEL LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO E AL REPECHAGE

(Cass. civ., sez. Lavoro, 15 luglio 2015, n. 14807)

1, In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice – che non può, invece, sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost. – il controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, in ordine al quale il datore di lavoro ha l’onere di provare, anche mediante elementi presuntivi ed indiziari, l’impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte;

2. In tema di assolvimento dell’onere della prova sull’impossibilità di ricollocare il lavoratore in posizioni equivalenti o inferiori, il lavoratore che impugni il licenziamento deve fornire collaborazione nell’accertamento di un possibile “repechage”, mediante l’allegazione dell’esistenza di altri posti di lavoro nei quali egli poteva essere utilmente ricollocato, conseguendo a tale allegazione l’onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilità nei posti predetti (Cass. n. 3040/11, Cass. n. 25197/13).

[Fattispecie: la prova della causa giustificatrice del licenziamento era sostanzialmente pacifica: la soppressione del servizio mensa. Una volta accertata l’adibizione della lavoratrice licenziata al servizio mensa, la soppressione di tale servizio è stata ritenuta idonea a giustificare il licenziamento del personale ad esso adibito, sia pur non sporadicamente ma al contrario essenzialmente od in modo prevalente, come risultato nella specie.
Quanto al c.d. repechage la società datrice aveva dedotto sin dalla lettera di licenziamento che non risultavano in azienda altre mansioni utili cui adibire la lavoratrice, sicchè sarebbe stato onere di quest’ultima indicarne l’esistenza. Tale onere, rimasto inadempiuto nel giudizio di merito,e non può ritenersi assolto solo dalla deduzione, nel giudizio di Cassazione, che erano disponibili le mansioni per cui, nel lontano 1989 e dunque ben sedici anni prima, la dipendente fu assunta.]