ANCORA IN MATERIA DI ALTERNATIVITÀ TRA RICORSO STRAORDINARIO E RICORSO GIURISDIZIONALE – INCOSTITUZIONALI LE NORME DEL D.L.90/2014 SULLA CESSAZIONE DEI TRATTENIMENTI?

TAR_LazioANCORA IN MATERIA DI ALTERNATIVITÀ TRA RICORSO STRAORDINARIO E RICORSO GIURISDIZIONALE

IL T.A.R. LAZIO DUBITA DELLA COSTITUZIONALITÀ DELLE NORME CHE FISSANO LA CESSAZIONE DEI TRATTENIMENTI IN SERVIZIO DEGLI AVVOCATI DELLO STATO IN DATA DIVERSA DA QUELLA, PIÙ FAVOREVOLE, STABILITA PER I MAGISTRATI

 

(T.A.R. Lazio, Sezione Prima, 17/11/2015, n. 12992)

 

  1. Ai sensi dell’art. 48 c.p.a., che ora disciplina la trasposizione del procedimento per ricorso straordinario, cui “segue” il giudizio innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale, il rilievo dell’eccezione di costituzionalità deve “seguire”, come tutto il giudizio, la sede giurisdizionale per cui solo il detto Tribunale può valutarne la “centralità” nel giudizio posto alla sua attenzione; pertanto, una volta disposta la rituale trasposizione, l’unico organo che mantiene il potere di decidere la domanda secondo la prospettazione originaria del ricorrente è quello giurisdizionale, nel suo doppio grado, che quindi viene investito di tutta la questione, ivi compresa quella relativa ad un’eventuale rilevanza e non manifesta infondatezza costituzionale che nuovamente passa al suo vaglio.
  2. Poiché sussiste completa e piena alternatività tra il ricorso straordinario e quello giurisdizionale, ogni pronuncia interinale adottata nel primo non può valere nel secondo; ciò è confermato dall’art. 48 c.p.a., comma 2, secondo il quale “Le pronunce sull’istanza cautelare rese in sede straordinaria perdono efficacia alla scadenza del sessantesimo giorno successivo alla data di deposito dell’atto di costituzione in giudizio previsto dal comma 1. Il ricorrente può comunque riproporre l’istanza cautelare al tribunale amministrativo regionale.”;
  3. Il termine di 60 giorni per l’opposizione all’ulteriore corso del rimedio straordinario e per il trasferimento in sede giurisdizionale della controversia ha natura processuale, in quanto concernente il giudizio davanti al giudice amministrativo e non, viceversa, il ricorso straordinario (Cons. Stato, Sez. IV, 6.8.13, n. 4149).
  4. È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 1, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modifiche in legge 11 agosto 2014, n. 114, nella parte in cui la medesima, abrogando l’art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, dispone al 31 ottobre 2014 la cessazione del trattenimento in servizio oltre il limite di età degli avvocati dello Stato e, subordinatamente, nella parte in cui non fissa la data di cessazione del trattenimento in servizio per gli avvocati dello Stato al 31 dicembre 2015, così come previsto per i magistrati, in riferimento agli artt. 3, 81 e 97 della Costituzione.

 

 

  1. 12992/2015 REG.PROV.COLL.

 

  1. 08278/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

 

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

 

sul ricorso numero di registro generale 8278 del 2015, proposto da:

 S. M., rappresentato e difeso dall’avv. G. I., con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, Via S. M. dell’A., 39;

 

contro

 

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, Avvocatura Generale dello Stato, rappresentati e difesi dalla stessa Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano in Roma, Via dei Portoghesi, 12

per l’annullamento

– del provvedimento di suo collocamento a riposo a decorrere dal 15 marzo 2015 di cui alla comunicazione prot. n. _____ del 20.2.2015 e relativo allegato;

– della connessa preliminare determinazione ivi esternata con cui si comunica al ricorrente che la sua istanza di trattenimento in servizio fino al compimento del settantacinquesimo anno di età non può più essere valutata, a seguito e per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 1 del d.l. 24.6.2014 n. 90, come modificato dalla legge di conversione n. 114/2014;

– e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Avvocatura Generale dello Stato;

Visto il decreto cautelare monocratico di questa Sezione n. 3573/2015 del 7.8.2015;

Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 3671/2015 del 3.9.2015;

Vista l’ordinanza cautelare della Sezione Quarta del Consiglio di Stato n. 4475/15 del 30.9.2015;

Viste le memorie difensive;

Visto l’art. 79, co. 1, cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 4 novembre 2015 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Rilevato in fatto e considerato in diritto quanto segue;

Rilevato che, con ricorso straordinario ritualmente proposto, l’Avvocato dello Stato con incarico di Vice Avvocato Generale S. M. chiedeva l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento con cui era stato disposto il suo collocamento a riposo a decorrere dal 15 marzo 2015 e della correlata determinazione con la quale era stato esternato che la sua domanda di trattenimento in servizio fino al 75° anno di età non poteva più essere valutata in virtù dell’entrata in vigore dell’art. 1 del d.l. 24.6.2014 n. 90, come modificato dalla legge di conversione n. 114/2014, che aveva abrogato l’art. 16 del d.lgs. n. 503/92;

Rilevato che la Sezione Prima del Consiglio di Stato investita dell’affare, con un primo parere reso nell’adunanza dell’11 marzo 2015, riteneva di disporre la sospensione degli effetti degli atti impugnati fino al 1 aprile 2015, data in cui era fissata l’adunanza successiva, richiedendo nel frattempo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la produzione di una relazione contenente documentati elementi sull’istanza cautelare e sul ricorso che la conteneva;

Rilevato che seguiva, all’esito dell’adunanza del 1 aprile 2015, un parere mediante il quale la Sezione riteneva che l’istanza cautelare dovesse essere accolta, con sospensione interinale dell’efficacia dei provvedimenti impugnati e obbligo per l’Amministrazione di provvedere, pure interinalmente, sulla domanda di trattenimento in servizio in base al regime precedente e ciò perché riteneva rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità del richiamato art. 1 nella parte in cui comprende gli Avvocati dello Stato, come prospettata dall’avv. M. nel ricorso, rinviando a separata ordinanza la relativa illustrazione delle ragioni dedotte e la rimessione alla Corte Costituzionale e specificando che la sospensione interinale dei provvedimenti in questione doveva valere fino all’adunanza successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte;

Rilevato che tale separata ordinanza era pubblicata il 29 aprile 2015 e, con articolata motivazione, dichiarava la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2 e 3, del d.l. n. 90/14, conv. in l. n. 114/90, nella parte in cui, abrogando l’art. 16 d.lgs. n. 503/92, disponeva al 31 ottobre 2014 la cessazione del trattenimento in servizio oltre il limite di età degli avvocati dello Stato e, subordinatamente, nella parte in cui non fissava la data di cessazione del trattenimento in servizio per gli avvocati dello Stato al 31 dicembre 2015, così come previsto per i magistrati, in riferimento agli artt. 3, 81 e 97 Cost. Era quindi disposta la sospensione del richiesto parere sul ricorso straordinario, ordinando l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

Rilevato che, con atto dello stesso 29 aprile, successivamente notificato, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e l’Avvocatura dello Stato proponevano opposizione al ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 10, comma 1, d.p.r. n. 1199/71, chiedendone la trasposizione in sede giurisdizionale;

Rilevato che seguiva quindi la rituale trasposizione e costituzione nel giudizio avanti a questo Tribunale da parte dell’avv. M., il quale indicava preliminarmente di non voler prestare acquiescenza a tale procedura, dato che riteneva nulla e inammissibile l’opposizione proposta, e riproduceva il contenuto del gravame in sede straordinaria, lamentando, in sintesi, quanto segue:

“1. Violazione dell’art. 81, comma 3, Cost.”

L’eliminazione dell’istituto del trattenimento in servizio comportava una rilevante nuova spesa e la determinazione quantitativa annua evidenziata dal Governo era legata al testo originario del decreto-legge che però era stato modificato in più punti comportanti maggiori spese, tra cui proprio l’allargamento alla platea degli avvocati dello Stato della cessazione dal servizio al 31 ottobre 2014. Ciò valeva anche per i dipendenti della scuola, per i Consiglieri di Stato appartenenti al gruppo di lingua tedesca, per i richiami in servizio di cui agli artt. 992 e 993 d.lgs. n. 66/10 e ai beneficiari dell’art. 3, comma 57, l. n. 350/03.

Di tale circostanza il Parlamento non aveva tenuto conto in sede di conversione, lasciando invariato il testo originario dell’art. 1, comma 6, d.l. cit. che indicava gli oneri di spesa per gli anni 2014-2018, in violazione anche dell’art. 17, comma 7, l. n. 196/09 in materia pensionistica e di pubblico impiego, come interpretato dalla Corte Costituzionale con le sentenze nn. 26/13 e 224/14 in relazione all’art. 81, comma 3, Cost.

Tali conclusioni, per il ricorrente, erano poi avvalorate dal richiamo alla “Nota di lettura” n. 57 redatta dal Servizio bilancio del Senato, che stigmatizzava la presenza di indicazione di oneri per un periodo solo quinquennale e non decennale, in contrasto con la Relazione governativa e quindi in assenza di copertura della spesa.

“2. Violazione dell’art. 97 Cost.: a) profili concernenti la violazione del nuovo parametro di costituzionalità costituito dal criterio di economicità”

La scelta attuata dal legislatore con il testo definitivo dei primi tre commi dell’art. 1 cit. violava il “nuovo” principio costituzionale inserito nell’art. 97 Cost dall’art. 2, l. cost. n. 1/2012, in quanto non sussistevano risparmi in grado di alimentare il “budget” spendibile per nuove assunzioni già solo per il quinquennio preso in considerazione, dovendosi riconoscere ai dipendenti cessati in virtù delle disposizioni in questione, per la maggior parte, il massimo del trattamento pensionistico, con conseguenti maggiori rilavanti spese e sostanziale mancata liberazione di risorse.

“3. b) profili concernenti la violazione dei principi di buon andamento e di efficienza”.

L’istituto del “trattenimento in servizio” aveva la funzione di rendere più efficiente l’andamento dei servizi e l’organizzazione degli stessi mentre l’immediato allontanamento disposto dalla normativa in esame, senza alcuna programmazione, impattava negativamente sui canoni di buon andamento ed efficienza di cui al richiamato art. 97 Cost., con ancor più evidenza per l’Avvocatura dello Stato, che in un primo momento aveva visto applicarsi nei suoi confronti il termine del 31 dicembre 2015, come per i magistrati, e dopo soli due mesi aveva subito l’accorciamento del termine al 31 ottobre 2014, con conseguenze dirompenti sull’organizzazione dei suoi uffici, già vacanti di 53 posti.

A tal fine il ricorrente richiamava la circostanza per la quale il TAR per l’Emilia-Romagna aveva rimesso alla Corte Sovrana la relativa questione di costituzionalità per violazione degli artt. 3, 97 e 117 della Carta.

“4. Violazione dell’art. 77, comma 2, Cost: sotto il profilo della ‘evidente’ insussistenza della ‘necessità’ e ‘urgenza’ stante l’inidoneità delle misure previste dai primi commi dell’art. 1 del d.l. 90/2014 a conseguire lo scopo prefigurato del ‘ricambio generazionale’”

Per il ricorrente non rivestiva i caratteri della “necessità” e “urgenza” la richiamata esigenza di dare luogo al c.d. “ricambio generazionale” alla base della normativa in esame. Ciò perché, per l’accesso al pubblico impiego, di norma, è necessaria una complessa procedura concorsuale, perché tale esigenza non era configurabile come straordinaria e perchè erano rimasti comunque sostanzialmente invariati i meccanismi del”turn over” nonché del “blocco delle assunzioni” di cui ad altre norme ancora in vigore.

“5. Violazione dell’art. 3 Cost.: sotto il profilo dell’irragionevolezza”.

Quanto illustrato nel motivo precedente, secondo il ricorrente, comportava anche una violazione costituzionale del principio di ragionevolezza, in relazione al c.d. “eccesso di potere legislativo”.

“6. Violazione dell’art. 3 Cost.: violazione del principio di uguaglianza per aver regolato in modo identico situazioni diverse”.

La norma in questione aveva omologato la situazione degli avvocati dello Stato con quella di tutti i pubblici dipendenti, nonostante differenti regimi giuridici con cui il legislatore aveva regolato il trattenimento in servizio per le diverse categorie di personale, di cui all’art. 1, l. n. 27/81 e all’art. 34, comma 12, l. 289/02 – con i quali era stata unificata la disciplina per magistrati e avvocati dello Stato nell’individuare la soglia predeterminata del 75° anno di età in relazione a quanto invece previsto dall’art. 16 d.lgs. n. 503/92 che faceva riferimento al prolungamento per il solo biennio – e all’art. 9, comma 31 d.l. n. 78/10, che escludeva da tali due categorie l’applicazione dell’art. 16, comma 1-bis, d.lgs. cit.

Non era dunque stato rispettato il principio di uguaglianza secondo il quale situazione uguali devono essere trattate in modo uguale e situazioni diverse devono essere trattate in modo diverso.

“7. Violazione dell’art. 3 Cost.: violazione del principio di uguaglianza per aver regolato in modo diverso situazioni uguali”.

Le considerazioni di cui al motivo precedente erano ribadite sotto un profilo speculare in ordine al microsistema del “trattenimento in servizio” che ora discriminava gli avvocati dello Stato dai magistrati, ordinari, amministrativi e militari.

“8. Violazione dell’art. 3 Cost.: violazione del principio di uguaglianza per aver regolato in modo diverso situazioni uguali: altri profili”.

Quanto lamentato era confermato dalla lettura dell’art. 6 bis, comma 4, l. n. 45/04 che parificava ad ogni effetto giuridico, nonché economico, l’istituito posto di “avvocato generale dello Stato aggiunto” con quello di Presidente “aggiunto” della Corte suprema di cassazione. Inoltre, la “giustificazione” dell’originaria indicazione della data del 31 dicembre 2015 per il mantenimento in servizio dei magistrati era fondata sull’esigenza di salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari ma tale conclusione era stata inspiegabilmente superata per l’Avvocatura dello Stato che pure aveva analoghe esigenze di funzionalità in relazione alla pendenza di numerosi processi complessi in materie sensibili, seguiti da tempo da avvocati dello Stato in prossimità dell’età di collocamento a riposo.

“9. Violazione dell’art. 77 Cost.: sotto il profilo della mancata adozione di una nuova delibera del Governo sulle modificazioni che sono state introdotte al d.l. dopo il 13.6.2014 e prima della sua pubblicazione in G.U.”.

Le modifiche introdotte al testo originario del d.l. n. 90/14 non risultavano sottoposte a formale nuova deliberazione del Governo, tra la seduta di quest’ultimo del 13 giugno 2014 e la successiva pubblicazione, con testo diverso, del 24 giugno successivo.

Per tale ragione il ricorrente chiedeva all’Autorità decidente di invitare espressamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri a trasmettere copia conforme del verbale della riunione del 13 giugno 2014 e del testo in essa effettivamente deliberato.

“10. Violazione dell’art. 77 Cost.: sotto il profilo del ritardo con cui il d.l. 90/2014 è stato portato all’esame delle Camere”.

Il ricorrente lamentava anche che erano trascorsi ben 11 giorni tra la data di deliberazione del decreto-legge e quella di presentazione alle Camere, in violazione della norma costituzionale in rubrica e della corretta interpretazione semantica del suo contenuto in ordine alle espressioni “adozione”, “emanazione” e “pubblicazione”.

“11. Violazione dell’art. 77 Cost.: sotto il profilo della mancanza di requisito dell’urgenza e dell’indifferibilità”.

Il ricorrente nuovamente evidenziava la carenza di indifferibilità e urgenza del provvedimento, se presentato alle Camere con il ritardo sopra ricordato.

“12 Violazione degli artt. 3, 35 e 117 Cost. (con riferimento anche agli artt. 1, 2 e 6, par. I, direttiva 2000/78/ce del 27.11.2000, come interpretati dalla Corte di Giustizia dell’UE con sentenza 6.11.2011 in causa c.286/12)”.

Il brusco abbassamento del limite di età per la cessazione obbligatoria dell’attività di servizio incideva sull’affidamento delle persone interessate al proprio programma di vita personale, professionale e familiare, considerato che, nel caso di specie, il ricorrente si era trasferito a Roma, con oneri abitativi connessi e conseguenze affettive, anche in relazione al suo nucleo familiare, secondo una prospettazione generale già condivisa dal TAR Emilia-Romagna nell’ordinanza sopra richiamata.

Rilevato che il ricorrente, quindi, concludeva la sua esposizione di cui all’atto di costituzione chiedendo la pronuncia cautelare, anche tramite decreto monocratico “inaudita altera parte”;

Rilevato che tale ultima richiesta era ulteriormente formalizzata con distinto atto ritualmente notificato e depositato, ove il ricorrente ribadiva, preliminarmente, di non voler prestare acquiescenza alla procedura di trasposizione, dato che riteneva nulla e inammissibile l’opposizione proposta – in pendenza di sospensione dell’affare avanti alla Sezione consultiva del Consiglio di Stato – da parte di organi dello Stato e tramite l’Avvocatura dello Stato stessa, che aveva replicato su ogni motivo dell’impugnativa avanti al Consiglio di Stato, dimostrando di accettare così senza riserve lo svolgimento in sede “straordinaria”;

Rilevato che l’istanza cautelare monocratica era rigettata con il decreto presidenziale in epigrafe;

Rilevato che si costituivano in giudizio le Amministrazioni sopra evidenziate, depositando anche una memoria per la camera di consiglio cautelare del 2 settembre 2015;

Rilevato che l’avv. M., dal canto suo, depositava anch’egli una memoria illustrativa in prossimità della camera di consiglio, a confutazione delle tesi dell’Amministrazione e insistendo sulla dedotta nullità e inammissibilità dell’opposizione ex art 10 d.p.r. cit;

Rilevato che con l’ordinanza collegiale indicata in epigrafe, questa Sezione, ritenendo di rinviare all’approfondimento proprio della fase di merito le questioni procedurali proposte dalle parti in ordine alla nullità/irritualità dell’opposizione ma anche di doversi pronunciare subito sulla domanda cautelare, ai sensi dell’art. 48, comma 2, la rigettava essenzialmente sulla rilevata carenza di pregiudizio;

Rilevato che con l’ordinanza pure in epigrafe indicata, la Sezione Quarta del Consiglio di Stato, adita in fase di appello dall’avv. M., ritenendo che la delibazione delle suddette questioni procedurali fosse necessaria ancor prima di ogni pronuncia cautelare rilevando sulla stessa “potestas iudicandi” del TAR e che tali questioni non apparivano del tutto sfornite di “fumus”, soprattutto quella relativa al divieto di atti procedurali in pendenza di sospensione per pregiudizialità costituzionale, riteneva necessario che questo Tribunale si pronunciasse subito, se del caso con sentenza parziale, sulle suddette questioni. Il Consiglio di Stato, quindi, annullava la suddetta ordinanza di questa Sezione disponendo affinchè, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., fosse sollecitamente fissata in primo grado un’udienza di merito;

Rilevato che nelle more della decisione di un ricorso alla medesima Sezione del Consiglio di Stato, ex art. 112, comma 5, c.p.a. per chiedere chiarimenti su tale ultima ordinanza cautelare proposto dall’Avvocatura dello Stato, era quindi fissata avanti a questa Sezione una prima camera di consiglio al 21 ottobre 2015, a causa dell’intervenuta sospensione feriale dei termini che impediva una fissazione del merito idonea a rispettare i termini di cui all’art. 71 c.p.a., in prossimità della quale le parti depositavano ulteriori memorie, in cui sostanzialmente ribadivano le rispettive tesi, e una dichiarazione congiunta di rinuncia ai termini processuali;

Rilevato che, sulla base di tale rinuncia era quindi direttamente fissata l’udienza pubblica al 4 novembre 2015, ove il difensore di parte ricorrente dichiarava che non esisteva nuova istanza cautelare;

Rilevato che a tale data la causa era trattenuta in decisione;

Rilevato che, con separata sentenza parziale, questa Sezione si è pronunciata affrontando pregiudizialmente la questione processuale sopra illustrata e dichiarando l’ammissibilità dell’atto di opposizione e della conseguente costituzione nel presente giudizio, come proposti, nonché la legittimazione attiva delle Amministrazioni in epigrafe, mediante il patrocinio dell’Avvocatura Generale dello Stato;

Considerato che, nell’esaminare quindi i motivi di gravame proposti dal ricorrente avv. M., il Collegio rileva che gli stessi sono tutti orientati nel rilevare la ritenuta illegittimità costituzionale della norma di cui all’art. 1, commi 1, 2 e 3, d.l. n. 90/14, conv. in l. n. 114/14;

Considerato che il Collegio non può non rilevare che, anteriormente alla opposizione e conseguente trasposizione ex art. 10 d.p.r. n. 1199/71 la Sezione Prima del Consiglio di Stato aveva già esaminato tali profili ritenendo di individuare profili di rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni prospettate;

Considerato che, nella ricostruzione di cui alla richiamata separata sentenza parziale, questo Collegio ha ritenuto ammissibile l’opposizione e trasposizione in questione, in virtù dell’”alternatività” piena operante tra ricorso “straordinario” al Presidente della Repubblica e ricorso giurisdizionale e della prevalenza della disciplina dell’art. 10 d.p.r. cit. sull’art. 13 del medesimo d.p.r. nel testo ora vigente;

Considerato che, in sintesi, il Collegio ha ritenuto che la dedotta “prevalenza” sull’art. 13 nel nuovo testo è dovuta sia al carattere di “specialità” della norma sull’opposizione sia alla circostanza che essa “…è la norma fondante del rapporto tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale”, di cui, come elemento qualificante, deve individuarsi quello dell’”alternatività”;

Considerato che tale rapporto di “alternatività” è stato previsto sin dall’istituzione della Sezione Quarta del Consiglio di Stato ed esso postula che qualsiasi parte, diversa del ricorrente, abbia la possibilità di optare per il rimedio giurisdizionale, che offre maggiori garanzie rispetto al ricorso straordinario (CEDU, Sez. XIII, sent. 28.9.99 – Nardella) e che, di conseguenza, la tesi contraria non può essere condivisa perché comporterebbe la sottrazione al plesso giurisdizionale della fase cautelare, in quanto l’opposizione ex art. 10 cit., se non proponibile durante il periodo di sospensione per questione di costituzionalità ma solo successivamente alla definizione di questa, sottrarrebbe a tale plesso il potere cautelare che gli permane;

Considerato che, in sostanza, ai sensi dell’art. 48 c.p.a., che ora disciplina la trasposizione del procedimento per ricorso straordinario cui “segue” il giudizio innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale, il rilievo dell’eccezione di costituzionalità deve “seguire”, come tutto il giudizio, la sede giurisdizionale per cui solo il detto Tribunale può valutarne la “centralità” nel giudizio posto alla sua attenzione;

Considerato che, come corollario implicito ne deriva che, una volta disposta la rituale trasposizione, l’unico organo che mantiene il potere di decidere la domanda secondo la prospettazione originaria del ricorrente è quello giurisdizionale, nel suo doppio grado, che quindi viene investito di tutta la questione, ivi compresa quella relativa ad un’eventuale rilevanza e non manifesta infondatezza costituzionale che nuovamente passa al suo vaglio;

Considerato che a tale conclusione deve pervenirsi anche osservando che, quando il soggetto legittimato è ancora nei termini per proporre opposizione ex art. 10 cit., non risponderebbe a canoni di ragionevolezza ed economicità, operanti in campo processuale anche in relazione all’art. 111 Cost., che gli fosse impedito di procedere in tal senso in virtù di una disposta sospensione per “costituzionalità”dell’affare avanti al Consiglio di Stato, se comunque, all’esito del giudizio di costituzionalità e alla ripresa dell’esame avanti a tale organo, il soggetto interessato (solo a quel punto) potrebbe (ri)proporre l’opposizione, trasponendo l’intera questione al plesso giurisdizionale, che dovrebbe quindi (ri)valutare la questione di costituzionalità e ritenerla irrilevante, rendendo così come “inutiliter data” la pronuncia della Corte;

Considerato che se – come è – sussiste completa e piena alternatività tra il ricorso straordinario e quello giurisdizionale, ogni pronuncia interinale adottata nel primo non può valere nel secondo;

Considerato che ciò è confermato dalla stessa previsione dell’art. 48 c.p.a., comma 2, secondo il quale “Le pronunce sull’istanza cautelare rese in sede straordinaria perdono efficacia alla scadenza del sessantesimo giorno successivo alla data di deposito dell’atto di costituzione in giudizio previsto dal comma 1. Il ricorrente può comunque riproporre l’istanza cautelare al tribunale amministrativo regionale.”;

Considerato che è quindi chiaro per il Collegio che se il legislatore ha previsto la perdita automatica di efficacia della pronuncia cautelare resa in sede “straordinaria”, successivamente alla proposizione dell’atto di trasposizione, ne deriva che i due giudizi sono autonomi e indipendenti – appunto secondo il principio di alternatività – per cui la sospensione dell’uno, anche se per ragioni di “costituzionalità”, non incide sull’altro, che ben può essere attivato mediante la notificazione dell’atto di opposizione ex art. 10 cit. e la costituzione in giudizio dell’originario ricorrente, atti questi entrambi riconducibili all’alternativo giudizio avanti al “plesso giurisdizionale”;

Considerato, infatti, che il Consiglio di Stato ha precisato che il termine di 60 giorni per l’opposizione all’ulteriore corso del rimedio straordinario e per il trasferimento in sede giurisdizionale della controversia ha natura processuale, in quanto concernente il giudizio davanti al giudice amministrativo e non, viceversa, il ricorso straordinario (Cons. Stato, Sez. IV, 6.8.13, n. 4149);

Considerato che, quindi, nella presente fattispecie la sospensione del procedimento disposta in sede “straordinaria” riguardava solo “quel” procedimento e non poteva incidere sulla legittimazione a proporre l’autonomo giudizio avanti al plesso giurisdizionale mediante atto di opposizione e relativa costituzione;

Considerato, per tali ragioni, che nella presente sede, sotto il primario profilo della rilevanza “processuale”, il Collegio, ritenendosi investito della “potestas judicandi” piena secondo quanto sopra riferito, deve riesaminare la questione di costituzionalità come dedotta, sotto molteplici profili, dal ricorrente;

Considerato che i provvedimenti impugnati si fondano sostanzialmente sull’applicazione della normativa sopravvenuta di cui all’art. 1 d.l. n. 90/14, conv. in l. n. 114/14, per cui anche sotto tale profilo è evidente la rilevanza “sostanziale” della questione di costituzionalità in esame che, se fondata, porterebbe a pronuncia incidente direttamente sui provvedimenti impugnati;

Considerato che, in merito, sia pure con parere che, per quanto sopra illustrato, può assumere in questa sede valenza di mero fatto, la Sezione Prima del Consiglio di Stato (nell’adunanza del 1 aprile 2015) aveva già rilevato i presupposti di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità come prospettata dall’avv. M.;

Considerato che il Collegio ritiene di condividere le tesi dell’organo che si era espresso in tal senso sede consultiva e che, quindi, ora ripropone;

Considerato che la questione di costituzionalità della norma di cui ai commi 1, 2 e 3 del decreto-legge n. 90 del 2014, come modificato dalla legge di conversione n. 114 del 2014, verte per la parte in cui ha disposto l’abrogazione dell’art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 e successive modificazioni;

Considerato, in merito, che il menzionato art. 16 prevedeva, al comma 1, la facoltà dell’Amministrazione di trattenere in servizio per un periodo massimo di un biennio il dipendente oltre i limiti di età previsti dalla norma applicabile al dipendente stesso, in relazione “alla particolare esperienza professionale acquisita dal dipendente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi”;

Considerato che il successivo comma 1 bis prevedeva, mediante una serie di rinvii, che la facoltà di trattenimento in servizio attribuita all’Amministrazione fosse estesa a cinque anni (“sino al compimento del settantacinquesimo anno di età”) per i magistrati ordinari e amministrativi, per i magistrati della giustizia militare nonchè per “gli avvocati dello Stato”;

Considerato, come detto, che i provvedimenti impugnati sono espressamente fondati sulle disposizioni di cui all’art. 1, commi 1, 2 e 3, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, come convertito in legge, che rilevano in quanto abrogratrici della facoltà dell’Amministrazione di trattenimento in servizio dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici (comma 1) e, in via subordinata, in quanto hanno (ri)disciplinato i trattenimenti in servizio degli “avvocati dello Stato” nell’ambito della generalità dei dipendenti e non nell’ambito delle categorie di personale di cui all’art. 1 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (comma 3);

Considerato che la questione di costituzionalità proposta anche nella presente sede è stata sollevata sotto diversi profili relativi a: vizi del procedimento (art. 77 Cost.), alla violazione dell’art 81 Cost. e dei principi di economicità (art. 97, primo comma Cost.) di buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione, di eguaglianza (artt. 97 e 3 Cost.) e, infine, alla violazione degli artt. 3, 35 e 117 della Costituzione, con riferimento agli artt. 1, 2 e 6 direttiva 2000/78/CE;

Considerato che la questione di costituzionalità della normativa sopra richiamata, posta con riferimento alla norma di cui agli artt. 3, 81, terzo comma, e 97 Cost. non è manifestamente infondata;

Considerato, in primo luogo, che il legislatore ha ritenuto che il rinvio del collocamento a riposo, oggetto di abrogazione da parte della normativa della cui costituzionalità il ricorrente dubita fosse funzionale alle misure di contenimento della spesa pubblica, nel senso riconducibile alla giurisprudenza costituzionale (Corte cost. n. 83/2013);

Considerato che, quindi, l’eliminazione dell’istituto del “trattenimento in servizio”, come introdotta dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 90 del 2014, comporta indubbiamente maggiori spese per l’erario causate dall’anticipo dell’erogazione del trattamento pensionistico e di quelli di fine servizio come originariamente calcolati dal Governo e riportati al comma 6 dello stesso art. 1, d.l. cit., secondo il quale: “All’onere derivante dal presente articolo pari a 2,6 milioni per l’anno 2014, 75,2 milioni per l’anno 2015, 113,4 milioni per l’anno 2017 e 152,9 milioni a decorrere dall’anno 2018, si provvede con le seguenti modalità:”;

Considerato che tale determinazione quantitativa è in effetti rimasta invariata anche nel testo “convertito”, pur in presenza di modificazioni introdotte dalla relativa legge di conversione che hanno significativamente ampliato le categorie di dipendenti pubblici a cui si applica la specifica disciplina, laddove, in particolare:

  1. a) è stata modificata, per quanto concerne gli avvocati dello Stato, 1’originaria previsione contenuta nel comma 3, che faceva espressamente “salvi sino al 31 dicembre 2015” anche “i trattenimenti in servizio … degli avvocati dello Stato”, prevedendo anche per questi ultimi che “i trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del … decreto”- legge dovessero cessare il 31 ottobre 2014”;
  2. b) è stato inserito, nel testo originario dell’art. 1 cit., il comma 3 bis, con cui la data di cessazione dei trattenimenti in servizio del personale della scuola è stata ulteriormente anticipata al 31 agosto 2014 (rispetto alla data comune del 31 ottobre 2014 prevista per tutti i dipendenti dal 2° comma dell’art. 1: data quest’ultima che, con specifico riguardo al personale della scuola, era destinata, a sua volta, ad essere differita alla fine dell’anno scolastico – vale a dire al 31 agosto 2015 – in funzione di specifica regola propria dell’organizzazione scolastica dettata a salvaguardia del principio di continuità didattica);
  3. c) è stato soppresso l’originario comma 4 dell’art. 1 in questione, che, al fine di garantire l’efficienza e l’operatività del sistema di difesa e sicurezza nazionale, manteneva ferma sino al 31 dicembre 2015 la disciplina dei richiami in servizio di cui agli artt. 992 e 993 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66;
  4. d) è stato riscritto l’originario comma 5 per cui, rispetto al testo iniziale, le modifiche introdotte provvedono a stabilizzare la facoltà, per le pubbliche amministrazioni, di addivenire alla risoluzione anticipata del rapporto di lavoro o del contratto, estendendo tale facoltà di risoluzione anticipata anche ai soggetti che abbiano beneficiato dell’articolo 3, comma 57, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (riammissione in servizio dopo la sospensione a seguito di procedimento penale conclusosi con sentenza di proscioglimento);

Considerato che, nonostante l’introduzione di siffatte rilevanti modifiche comportanti maggiori spese, il testo dell’originario comma 6 dell’art. 1 è rimasto invariato, sicché non appare manifestamente infondata la censura relativa alla violazione della norma di cui all’art. 81, terzo comma, Cost., come sostituito dall’art. 1, comma 1, legge cost. 20 aprile 2012, n.1, secondo cui: “Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”;

Considerato che appare utile in proposito ricordare che, in vigenza del testo originario dell’art. 81 Cost. secondo il quale “ogni altra [altra rispetto alla legge di bilancio] legge che importi maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”, la giurisprudenza costituzionale, sin dalla sentenza n. 1/1966, aveva affermato che “l’obbligo della copertura deve essere osservato dal legislatore ordinario anche nei confronti di spese nuove o maggiori che la legge prevede siano inserite negli stati di previsione della spesa per gli esercizi futuri”;

Considerato che il contenuto di detto obbligo è stato ulteriormente chiarito dalla Corte Sovrana, laddove è stato precisato che la copertura finanziaria deve essere indicata in maniera “credibile” (sentenze nn. 115 e 214 del 2012 e 28 del 2013), che non può essere assoggettata a copertura un’entità indefinita (sentenza n. 181 del 2013) e che, in presenza di disposizioni che comportano un onere, la cui esistenza “si desume dall’oggetto della legge e dal contenuto di essa”, l’incapienza dei pertinenti stanziamenti di bilancio determina la conseguente illegittimità delle stesse per contrasto con l’art. 81, quarto comma, Cost. nel testo originario;

Considerato che, più di recente, la Corte costituzionale, nell’esercizio del controllo successivo di leggi di spesa, ha affermato che il principio di analitica copertura finanziaria – espresso dall’art. 81, quarto comma, Cost., e ora sostanzialmente riprodotto nell’art. 81, terzo comma, Cost., come formulato dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, e previsto dall’art. 17, comma 7, della legge n. 196 del 2009 – ha natura di precetto sostanziale, cosicché “ogni disposizione che comporta conseguenze finanziarie di carattere positivo o negativo deve essere corredata da un’apposita istruttoria e successiva allegazione degli effetti previsti e della relativa compatibilità con le risorse disponibili e che, nel caso di norme a regime …, (come quelle di specie), tali operazioni devono essere riferite sia all’esercizio di competenza che a quelli successivi in cui le norme esplicheranno effetti” (sentenza n. 224 del 2014);

Considerato che appare opportuno rammentare il contenuto prescrittivo del citato art. 17, comma 7, della 1egge 31 dicembre 2009, n. 196 richiamato dal Giudice delle leggi, in cui è stabilito che “Per le disposizioni legislative in materia pensionistica e di pubblico impiego, la relazione di cui al comma 3 contiene un quadro analitico di proiezioni finanziarie, almeno decennali, riferite all’andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari e al comparto di riferimento. Per le disposizioni legislative in materia di pubblico impiego, la relazione contiene i dati sul numero dei destinatari, sul costo unitario, sugli automatismi diretti e indiretti che ne conseguono fino alla loro completa attuazione, nonché sulle loro correlazioni con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce di dipendenti pubblici omologabili.”;

Considerato che il comma 3 dello stesso art. 17, a sua volta, prescrive che “… i disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo, gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredati di una relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero dell’economia e delle finanze, sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonché delle relative coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e per le minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme e, per le spese in conto capitale, della modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio pluriennale e dell’onere complessivo in relazione agli obiettivi fisici previsti. Alla relazione tecnica è allegato un prospetto riepilogativo degli effetti finanziari di ciascuna disposizione ai fini del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, del saldo di cassa delle amministrazioni pubbliche e dell’indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni. Nella relazione sono indicati i dati e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni elemento utile per la verifica tecnica in sede parlamentare secondo le norme di cui ai regolamenti parlamentari, nonché il raccordo con le previsioni tendenziali del bilancio dello Stato, del conto consolidato di cassa e del conto economico delle amministrazioni pubbliche, contenute nel DEF ed eventuali successivi aggiornamenti. ”. Detta relazione – ai sensi del comma 4 – deve anche evidenziare “gli effetti di ciascuna disposizione sugli andamenti tendenziali del saldo di cassa e dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per la verifica del rispetto degli equilibri di finanza pubblica, indicando altresì i criteri per la loro quantificazione e compensazione nell’ambito della stessa copertura finanziaria”;

Considerato che lo stesso Giudice delle Leggi – con la richiamata sentenza n. 224/2014 – ha chiarito che l’art. 17 della 1egge n. 196 del 2009 esp1icita gli specifici adempimenti con cui deve essere concretamente attuato il principio di analitica copertura finanziaria posto dall’art. 81 Cost., sicché 1e prescrizioni poste dal suddetto art. 17 costituiscono indicatori puntuali e parametri utili di riferimento per verificare i1 rispetto dello stesso art. 81 Cost.;

Considerato che anche nella sentenza n. 26/2013 la Corte ha ribadito con specifico riferimento alle disposizioni “in materia pensionistica” la necessità che esse siano “accompagnate da un quadro analitico di proiezioni finanziarie, almeno decennali, riferite all’andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari, e non semplicemente da una stima apodittica dei conseguenti oneri.”, rimarcando un principio desumibile anche nelle sentenze nn. 9 del 1958, 16 del 1961, 19 del 1970, 331 del 1988, 26 e 384 del 1991, 25 del 1993, 446 del 1994, 359 del 2007, 213 e 386 del 2008, 70 del 2012;

Considerato che è certo che le disposizioni recate dall’art. 1 del d.l. n. 90 del 2014 riguardino la materia “pensionistica e di pubblico impiego” e che, pertanto, l’introduzione di esse imponeva l’adozione di tutti gli indicati adempimenti e la formulazione di specifica relazione conforme a quanto prescritto dal richiamato art. 17, comma 3, della legge n. 196/2009;

Considerato che si rileva invece l’omissione dei suddetti adempimenti, come confermata dalla Nota di lettura n. 57, redatta dal Servizio del bilancio del Senato richiamata dal ricorrente, dedicata all’art. 1 del d. l. 90/2014 e nella quale si rileva quanto segue:

  1. a) la relazione tecnica governativa dà atto che “Dal complesso delle disposizioni” concernenti l’abrogazione dell’istituto del mantenimento in servizio “derivano … maggiori oneri previdenziali per anticipo dell’erogazione della pensione e dei trattamenti di fine servizio“;
  2. b) la quantificazione di tale maggiore spesa, contenuta nel comma 6 dell’art. 1, è stata effettuata “Sulla base di dati desunti dal conto annuale (2012)” dal quale “risultano in corso trattenimenti in servizio per circa 1.200 soggetti di cui circa 660 relativi al comparto della magistratura”: – si tratta, pertanto, di quantificazione non aggiornata al 2014, che non tiene conto dell’effettivo numero dei soggetti coinvolti dalle nuove disposizioni, sicché la spesa risulta determinata con margini rilevanti di approssimazione per difetto;
  3. c) le previsioni di spesa riferite nel prospetto allegato alla relazione tecnica governativa e poi riprodotte nel comma 6 dell’art. 1 – riguardano solo il quinquennio 2014-2018, nonostante nella stessa relazione si riconosca e si dia atto che gli oneri i n questione sussistono anche per gli anni successivi, sicché risulta non assolto l’obbligo di indicare le proiezioni finanziarie, almeno decennali;
  4. d) l’anticipazione al 31 agosto 2014 dell’abrogazione dell’istituto del mantenimento in servizio, introdotta in sede parlamentare con riguardo al personale scolastico, che secondo il Governo “non comporta alcun effetto finanziario”, non è condivisibile alla stregua della previsione originaria (che non differenziava detto personale rispetto alla generalità dei dipendenti), in quanto la cessazione dal servizio avrebbe avuto effetti – per il principio della continuità didattica – non già il 31 agosto 2014 (come ora previsto), bensì il 31 agosto 2015 (o, in tesi alternativa restrittiva, il 31 ottobre 2014);
  5. e) la tesi della neutralità finanziaria delle modifiche riguardanti gli avvocati dello Stato, che secondo il Governo sarebbe “compensata” dal differimento al 31 dicembre 2015 del collocamento a riposo del gruppo di magistrati i cui provvedimenti di mantenimento in servizio non si erano ancora perfezionati, non è sostenuta da elementi a supporto, anche nella considerazione che “[l] a diversa estensione delle platee in questione non induce a ritenere prudenziale una valutazione di neutralità finanziaria delle modifiche apportate”, tanto più che “in merito alla maggiore spesa pensionistica e a quella relativa all’anticipo del TFS … si dovrebbero acquisire i dati relativi all’anticipo medio del pensionamento rispetto a quanto previsto a legislazione vigente e all’importo medio del trattamento pensionistico …, nonché del TFS stesso”;
  6. f) il mancato computo delle ulteriori spese derivanti dall’anticipazione al 31 ottobre 2014 della cessazione della disciplina per i richiami, di cui agli artt. 992 e 993 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, indotta dalla soppressione dell’originario comma 4 dell’art. 1 del d.l. n. 90 del 2014, che manteneva ferma fino al 31 dicembre 2015 la disciplina del trattenimento in servizio;
  7. g) l’assenza di qualsiasi indicazione della copertura finanziaria, dopo la riscrittura del comma 5 dell’art. 1, che disciplina la facoltà di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro o del contratto individuale anche del personale dirigenziale;

Considerato che nella “Nota di lettura” in questione si rileva ancora che “parte delle coperture degli oneri (tutti di parte corrente) è rappresentata da risorse in conto capitale, come peraltro riconosciuto dallo stesso Governo …. e che, nelle more del conseguimento dei risparmi derivanti dalla spending review, l’accantonamento di ulteriori somme a valere sugli stanziamenti delle amministrazioni centrali dello Stato potrebbe, alla luce del succedersi di interventi analoghi, pregiudicare la funzionalità delle medesime amministrazioni, ovvero riflettersi negli esercizi successivi determinando fenomeni di rimbalzo negli impegni sulle linee di finanziamento incise dalla norma”;

Considerato che, in virtù delle considerazioni ora espresse – come anticipato – non appare manifestamente infondata l’eccezione di violazione del precetto posto dall’art. 81, terzo comma, Cost., in ottemperanza al quale i soggetti contitolari delle decisioni politiche, Governo e Parlamento, sono tenuti alla verifica sull’esatta quantificazione, e sulla credibile copertura, degli oneri finanziari che derivano dagli atti legislativi;

Considerato che, peraltro, tali adempimenti assumono rilievo ai fini della giustiziabilità costituzionale delle leggi anche nel quadro della novella del 2012, che, nella riformulazione dell’art. 81 Cost., ha introdotto il concetto di “equilibrio di bilancio”, legato all’andamento del ciclo economico, che è diverso da quello del pareggio formale della spesa e dell’entrata;

Considerato che a siffatta conclusione sulla necessità nel caso di specie di un sindacato costituzionale inducono anche alcuni principi ricavabili dalla sentenza n. 81/2012 della Corte costituzionale in materia di “insindacabilità” degli atti politici, laddove, pur affermandosi che l’esistenza di spazi riservati alla scelta politica è condivisibile e suffragata da elementi di diritto positivo, si aggiunge che tali spazi di “discrezionalità politica” trovano i loro confini nei principi di natura giuridica posti dall’ordinamento, tanto a livello costituzionale quanto a livello legislativo, e che quando il legislatore predetermina canoni di legalità ad essi la politica deve attenersi, in ossequio ai fondamentali principi dello Stato di diritto;

Considerato che appaiono parimenti non manifestamente infondate e rilevanti, ai fini della decisione del ricorso, le ulteriori censure del ricorrente, nella parte in cui deduce l’illegittimità dell’art. 1 d.l. n. 90/14 cit. per violazione dell’art. 97 Cost. sotto il profilo del parametro costituito dal criterio di “economicità” introdotto dalla l. cost. n. 1/2012;

Considerato, in merito, che l’art. 2 di detta legge costituzionale, in vigore dal 1 gennaio 2014, stabilisce che: “All’articolo 97 della Costituzione, al primo comma è premesso il seguente: «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibili del debito pubblico”;

Considerato che tale “novella”, come osservato dal ricorrente, recepisce nella Carta Costituzionale il criterio di “economicità”, già vigente nell’ordinamento a norma dell’art. 1, comma 1, della legge n. 241/1990, e pone quindi un vincolo ineludibile soprattutto sulla capacità e sulla condizione della spesa delle Amministrazioni pubbliche, i cui esborsi non possono quindi mai eccedere le risorse effettivamente disponibili;

Considerato che i vincoli discendenti da tale nuova disciplina costituzionale dovrebbero riguardare anche le scelte legislative in tema di organizzazione delle amministrazioni pubbliche, dovendo tali scelte privilegiare e favorire il detto criterio di “economicità”;

Considerato che il ricorrente deduce proprio che un raffronto tra i costi del trattenimento in servizio e i risparmi da destinare alle assunzioni – su cui si sofferma il Governo nella relazione che accompagna i1 decreto-legge in questione – evidenzia la violazione del suddetto criterio costituzionalmente rilevante, secondo il contenuto della richiamata “Nota di lettura” del Servizio bilancio del Senato, nella parte in cui osserva come l’abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio comporti una rilevante spesa (“maggiori oneri previdenziali per anticipo dell’erogazione della pensione e dei trattamenti di fine servizio “) destinata a protrarsi nel tempo e che, ove si mantenesse il trattenimento in servizio, consentirebbe ogni anno rilevanti risparmi che ben potrebbero “alimentare il budget spendibile per nuove assunzioni”;

Considerato che, sul punto, la tabella riportata nella suddetta “Nota di lettura”, dedicata all’analisi dell’art. 1 d.l. cit., evidenzia che, nel raffronto tra maggiori costi per pensioni e per trattamento di fine servizio e risparmi per spese correnti stipendiali conseguenti all’abrogazione del trattenimento in servizio, emergono non già “risparmi da cessazione”, che liberino somme spendibili per nuove assunzioni, bensì un consistente disavanzo passivo per l’erario, pari a complessivi 467,3 milioni di euro netti (di cui 2,6 per il 2014, 75,2 per il 2015, 113,4 per il 2016, 123,2 per il 2017 e 152,9 per il 2018);

Considerato che a tale aggravio per la finanza pubblica deve aggiungersi il mancato introito dei contributi previdenziali dei dipendenti interessati al trattenimento in servizio, i cui versamenti non sarebbero utili ad incrementare la loro posizione pensionistica avendo quasi tutti già raggiunto il massimo conseguibile;

Considerato che l’eccezione di costituzionalità della normativa primaria sopra richiamata non è quindi manifestamente infondata neanche in relazione alla denunciata violazione dell’articolo 97, secondo comma, Cost., con riferimento ai principi di buon andamento e di efficienza, posti a tutela dell’interesse pubblico;

Considerato, infatti, che la scelta governativa, in sede di emanazione del decreto legge, e parlamentare, in sede di relativa conversione in legge, di abrogare l’istituto del “trattenimento in servizio”, intesa nel senso di abrogare “la facoltà della Amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla particolare esperienza professionale del dipendente in determinati e specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi”, comporta il risultato pratico di privare le amministrazioni di risorse umane peculiari, non facilmente rinvenibili nei tempi immediati, al solo scopo di favorire un generico “ricambio generazionale”;

Considerato che il Collegio osserva anche che, nella relazione governativa che accompagna il decreto-legge in esame, si precisa che la disciplina dettata nei primi commi dell’art. 1 – il cui titolo è “disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni” – “è finalizzata a favorire il ricambio generazionale” ma che nella stessa relazione il Governo individua le cause del mancato ricambio nel “blocco delle assunzioni” indotto dalla disciplina del , c.d. “turn over” e nella “crisi del sistema economico nel suo complesso”;

Considerato che quindi, a fronte di tale diagnosi, si imponeva che l’introduzione quantomeno di norme volte ad incidere direttamente sulle indicate cause, senza porre contemporaneamente a rischio le “esigenze organizzative e funzionali” e “l’efficiente andamento dei servizi”, intesi quali valori che trovano protezione nei principi di buon andamento e di efficienza di cui all’art. 97 Cost.;

Considerato che la norma non è accompagnata dall’intento di avviare subito le procedure concorsuali per coprire i posti vacanti e già immediatamente ricopribili e che risulta come, per quanto qui rileva, presso l’Avvocatura dello Stato vi era e vi sia ancora una cospicua carenza di organici, formatosi già prima dell’abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio, e che poteva e può essere coperto dando luogo senza indugio alle relative procedure concorsuali;

Considerato che, anche a volere tenere ferma la scelta legislativa, la sua attuazione poteva essere effettuata con modalità improntate ad una graduazione degli effetti, da non compromettere i ricordati principi di cui all’articolo 97 Cost., potendo prevedere dei meccanismi in base ai quali il collocamento a riposo del personale trattenuto fosse avvenuto contestualmente alle nuove assunzioni dei vincitori all’esito dei relativi concorsi;

Considerato che una soluzione di tal guisa avrebbe assicurato: a) ai “giovani” la possibilità di partecipare a concorsi per nuovi posti; b) alle amministrazioni, nelle more dello svolgimento dei concorsi, il mantenimento delle risorse necessarie a garantire le “esigenze organizzative e funzionali” e l’efficiente andamento dei servizi; c) al personale trattenuto in servizio una graduazione ed uno scaglionamento nel tempo del collocamento a riposo, con conseguente possibilità di programmare la loro vita;

Considerato che la violazione dei canoni di “buon andamento” e di “efficienza” appare dunque evidente con particolare riferimento – che qui rileva – all’Avvocatura dello Stato, evidenziandosi che per tale categoria di avvocati la norma fissava al 31 ottobre 2014 la data di cessazione del trattenimento in servizio;

Considerato, infatti, che appare evidente l’immediata ricaduta sulle sue funzioni istituzionali pubbliche cui l’allontanamento dal servizio della unità di personale interessate, disposto senza possibilità di sostituzione in tempi ragionevoli, ha dato luogo, incidendo negativamente e improvvisamente sulle “esigenze organizzative e funzionali” di essa;

Considerato che un’esigenza di prevedere forme di graduazione si imponeva anche in base alla considerazione aggiuntiva che – a differenza di quanto previsto per la generalità dei settori del pubblico impiego – la durata del trattenimento in servizio per gli avvocati dello Stato (come per i magistrati) non era di due anni, ma di cinque;

Considerato che la questione di legittimità costituzionale appare non manifestamente infondata anche sotto il profilo della drastica riduzione del periodo di trattenimento in servizio, operata soltanto in sede di conversione in legge rispetto a quanto disposto dal decreto-legge n. 90/14 stesso, in quanto, per la categoria degli Avvocati dello Stato, per i quali la durata del trattenimento in servizio – come detto – era di cinque anni, è previsto un termine particolarmente drastico, senza preavviso, intervenendo su situazioni sostanziali, fondate su leggi precedenti e provvedimenti già emanati ed efficaci, e cancellando l’affidamento dei dipendenti interessati nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto (Corte Cost n. 83/2013, 166/2012, 302/2010, 236 e 206 del 2009);

Considerato che – in sostanza – l’avvertita esigenza di garantire un ricambio generazionale, che certamente rientra nella discrezionalità del legislatore, riscontra un palese contrasto fra l’obiettivo dichiarato ed il contenuto della norma, in quanto la drastica riduzione del periodo di permanenza in servizio, solo fino al 31 ottobre 2014, avvenuto in agosto, non ha consentito neppure di avviare la procedura concorsuale di reclutamento dei nuovi avvocati dello Stato, visti i tempi tecnici ed amministrativi necessari, che del resto ancora ad oggi non risulta essere avvenuta;

Considerato che la Corte costituzionale ha già avuto modo di affermare, con le sentenze n. 103/2007 e n. 81/2010, che la previsione di una cessazione automatica, “ex lege” e generalizzata, degli incarichi dirigenziali “interni” di livello generale viola, in carenza di idonee garanzie procedimentali, i principi costituzionali di buon andamento e imparzialità e, in particolare, “il principio di continuità dell’azione amministrativa che è strettamente correlato a quello di buon andamento dell’azione stessa”, anche perché il rapporto di lavoro instaurato con l’Amministrazione deve essere connotato da specifiche garanzie, le quali presuppongono che esso sia regolato in modo tale da assicurare la tendenziale continuità dell’azione amministrativa, in relazione al più volte richiamato art. 97 Cost.;

Considerato che non appare manifestamente infondata la questione prospettata in relazione alla conclusione per la quale i principi costituzionali di buon andamento e imparzialità e, in particolare, anche il principio di continuità dell’azione amministrativa – che è strettamente correlato a quello di buon andamento dell’azione stessa – devono vincolare comunque , quand’anche si intenda concretizzare l’avvertita esigenza di garantire un ricambio generazionale, il legislatore, il quale deve assicurare idonee garanzie, prevedibili anche nel tempo, per garantire la copertura delle negative ripercussioni che potrebbero derivare sulla stessa Pubblica Amministrazione e provocate dall’imprevisto anticipato collocamento a riposo di personale di cui era programmata e programmabile la permanenza in servizio ancora per cinque anni, considerando i tempi tecnici – non brevi – di esperimento delle procedure concorsuali per la copertura delle vacanze, quest’ultime aggravate dalle mancanza di copertura dei posti a causa del “blocco delle assunzioni” e che subiranno quindi irrimediabilmente un aumento nel breve periodo in un settore, come quello della difesa erariale, che non può sempre autodeterminare le modalità di svolgimento e sviluppo delle funzioni, essendo legati queste ai tempi dei procedimenti giurisdizionali e paragiurisdizionali, spesso incalzati dalla scadenza di termini sostanziali e processuali;

Considerato, quindi, anche ai fini della rilevanza della questione per quanto riguarda gli avvocati dello Stato, che l’obiettivo del ricambio generazionale non sia stato bilanciato con l’esigenza di buon andamento e di efficienza della Amministrazione di cui all’art. 97 Cost., dando rilievo alla particolare esperienza acquisita in specifici ambiti e in relazione a specifiche situazioni, al fine di garantire un’efficiente difesa degli interessi di parte pubblica in procedimenti contenziosi e non, istituzionalmente affidati all’esame dell’Avvocatura erariale;

Considerato che, anche con riferimento all’art. 3 della Costituzione, in relazione ai diversi profili indicati dal ricorrente, di cui al quinto, sesto, settimo e ottavo motivo di ricorso, il Collegio ritiene sussistente la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità della norma di cui all’art. 1, commi 1, 2 e 3 d.l. cit., come convertito in legge, per quanto attiene al trattenimento in servizio degli avvocati dello Stato;

Considerato che, per quanto concerne il profilo della ragionevolezza – già “supra” preso in considerazione in connessione con il richiamo all’esigenza di buon andamento ed efficienza della Amministrazione di cui all’art. 97, secondo comma, Cost. – può dubitarsi che la normativa in esame, dichiaratamente volta a favorire il ricambio generazionale nelle pubbliche Amministrazioni, sia in realtà coerente con la norma di cui all’art. 3 dello stesso d.l. n. 90/2014, come convertito, dato che tale disposizione mantiene il c.d. “turn over”, il “blocco delle assunzioni” e la disciplina delle necessità della autorizzazione per le assunzioni di cui all’art. 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dando quindi luogo a contraddittorietà;

Considerato che anche sotto i profili della disparità di trattamento indicati dal ricorrente l’eccezione di incostituzionalità della normativa in questione non appare manifestamente infondata, dato che non rileva apparente giustificazione la coincidenza di trattamento fra gli avvocati dello Stato, il cui trattenimento in servizio era previsto per cinque anni oltre il limite di età, e la generalità dei dipendenti pubblici, per i quali il trattenimento era previsto per due anni;

Considerato che tale differenza meritava un trattamento differenziato, in particolare in ragione del numero percentuale dei dipendenti che cessano dal servizio, che varia in modo notevole fra le generalità dei dipendenti e, appunto, gli avvocati dello Stato;

Considerato che sotto analogo profilo appare ingiustificata la diversità di trattamento fra gli avvocati dello Stato e i magistrati, per le quali categorie era infatti prevista una identica durata di cinque anni del trattenimento in servizio oltre il limite per il collocamento a riposo, tenuto conto anche della circostanza per la quale la legislazione recente tende a parificare – ove non vi sia una ragione ostativa – gli statuti delle magistrature e quello degli avvocati dello Stato ( v.art. 6 bis, comma 4, della legge 26 febbraio 2004 n. 45; art. 16, comma 2, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162);

Considerato che può desumersi che la ragione della equiparazione sia nella posizione di attori pubblici del Foro di entrambe le categorie, dei magistrati e degli avvocati, e nelle garanzie, che anche tenendo conto delle differenze di ruoli, sono egualmente necessarie per soggetti che esercitano la delicata e fondamentale funzione pubblica di interpretazione delle fonti normative, con conseguenze sull’ordine pubblico e l’ordinamento generale;

Considerato che, per completezza, il Collegio ritiene di soffermarsi anche sugli ulteriori profili di incostituzionalità della norma come prospettati dal ricorrente ai motivi quarto, nono, decimo, undicesimo e dodicesimo, ritenendoli però manifestamente infondati;

Considerato, infatti, rispettivamente che:

– l’esistenza della necessità ed urgenza è da valutare in relazione ai bisogni dell’ordinamento nazionale generale e tale valutazione è stata effettuata dal Parlamento (motivi 4 e 11);

– non è provato il mutamento fra il testo del decreto-legge come approvato dal Consiglio dei ministri e come pubblicato e non sono emersi elementi che possano escludere la piena riferibilità al Governo di tale decreto legge (motivo 9);

– il ritardo di alcuni giorni con cui il decreto è stato portato all’esame delle Camere non prova la assenza dell’urgenza e necessità (motivo 10);

– la disposizione specificamente esaminata ha inciso sul trattenimento in servizio oltre il limite di età per il collocamento a riposo e non sul periodo di servizio previsto in via ordinaria, cui fa riferimento l’eccezione riportata al motivo 12.

Considerato, quindi, che per quanto dedotto il giudizio debba sospendersi ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a. nonché degli artt.134 Cost., 1 l. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, 23 l. 11 marzo 1953, n. 87;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), non definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto:

1) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 1, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modifiche in legge 11 agosto 2014, n. 114, nella parte in cui la medesima, abrogando l’art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, dispone al 31 ottobre 2014 la cessazione del trattenimento in servizio oltre il limite di età degli avvocati dello Stato e, subordinatamente, nella parte in cui non fissa la data di cessazione del trattenimento in servizio per gli avvocati dello Stato al 31 dicembre 2015, così come previsto per i magistrati, in riferimento agli artt. 3, 81 e 97 della Costituzione.

2) dispone la sospensione del giudizio e ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

Ordina che a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata al ricorrente, all’Avvocatura Generale dello Stato e al Presidente del Consiglio dei Ministri nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Giulia Ferrari, Presidente FF

Rosa Perna,    Consigliere

Ivo Correale,  Consigliere, Estensore

 

 L’ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

 

 DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/11/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)