RAPPORTI TRA POLITICA ED AMMINISTRAZIONE E RAPPORTO DI LAVORO DEL DIRETTORE AMMINISTRATIVO DELLE ASL

headerRAPPORTI TRA POLITICA ED AMMINISTRAZIONE E RAPPORTO DI LAVORO DEL DIRETTORE AMMINISTRATIVO DELLE ASL

 

(Cass. civ., Sez. Lavoro, 9 luglio 2015, n. 14349)

 

  1. In materia di rapporti tra organi politici e amministrativi ovvero tra organi amministrativi -in considerazione della evoluzione che si è avuta nella giurisprudenza della Corte costituzionale, volta a valorizzare, in particolare, il principio di continuità dell’azione amministrativa che rinviene il suo fondamento proprio nell’art. 97 Cost. (con conseguente superamento del principio affermato dalla sentenza n. 233 del 2006) – si è pervenuti all’affermazione del principio secondo cui i meccanismi di decadenza automatica (cosiddetto spoils system), cessazione del rapporto in caso di mancata conferma discrezionale entro un ridotto periodo temporale, interruzione automatica e/o discrezionale del rapporto prima della scadenza contrattualmente prevista applicati agli incarichi dirigenziali comportanti l’esercizio di compiti di gestione svolti nell’ambito delle Aziende sanitarie (in particolare: direttore amministrativo e direttore sanitario) si pongono in contrasto con l’art. 97 Cost. Infatti – siccome per tali incarichi non assume rilievo, in via esclusiva o prevalente, il criterio “della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del titolare dell’organo che nomina” (che giustifica il cosiddetto spoils System, vedi: Corte cost.: sentenza n. 34 del 2010) -l’applicazione di simili meccanismi pregiudica il buon andamento dell’azione amministrativa, incidendo sulla sua continuità ed introducendo elementi di parzialità, inoltre sottraendo l’interessato, con la decadenza automatica e/o discrezionale dell’incarico, alla valutazione oggettiva dei risultati conseguiti (Corte cost.: sentenze n. 228 e n. 124 del 2011; n. 224 e n. 34 del 2010; n. 390, n. 351 e n. 161 del 2008; n. 104 e n. 103 del 2007).
  2. La disciplina del contratto del direttore amministrativo di una Azienda sanitaria locale è dettata dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3 bis e dal D.P.C.M. n. 502 del 1995, art. 2 e s.m.i., in base ai quali il suddetto contratto è configurato come contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, stipulato in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile, potendo la Regioni disciplinare le cause di risoluzione del rapporto stesso. In mancanza di tale disciplina regionale e per quanto non previsto dall’art. 3-bis citato, si applicano, per la risoluzione, le norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile. Pertanto, in base alla suddetta complessiva disciplina – che ha carattere vincolante e imperativo, non derogabile dalla volontà negoziale delle parti – il suddetto rapporto di lavoro del direttore amministrativo della ASL, in applicazione del regime generale, non può risolversi anticipatamente rispetto a termine triennale previsto per legge se non in presenza di una giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c.. Ne consegue che deve ritenersi nulla la clausola contrattuale che consenta, in contrasto sia con l’art. 97 Cost. come interpretato dalla Corte costituzionale, sia con le regole del diritto comune proprie del recesso negoziale, la risoluzione del contratto, con contestuale decadenza dall’incarico, per il venire meno del “rapporto fiduciario tra direttore generale e direttore amministrativo”, prevedendo così, di fatto, la recedibilità ad nutum del rapporto. Con conseguenza che, in simile ipotesi, trova applicazione la disciplina propria del recesso per giusta causa derivante da inadempimento anche ai fini della risarcibilità integrale del danno e non del riconoscimento del semplice rimborso spese sostenuto e del compenso dell’opera fino a quel momento prestata, come previsto dall’art. 2237 c.c..
  3. Il giudice, anche in base al principio dispositivo delle prove, ha il dovere pronunciare nel merito della causa sulla base del materiale probatorio ritualmente acquisito – da qualunque parte provenga – da esaminare con una valutazione non atomistica ma globale nel quadro di una indagine unitaria ed organica, suscettibile di sindacato, in sede di legittimità, per vizi di motivazione e, ove ne ricorrano gli estremi, per scorretta applicazione delle norme riguardanti l’acquisizione della prova, facendo uso, nel rito del lavoro, dell’esercizio dei poteri d’ufficio del giudice di cui agli artt. 421 e 437 c.p.c., che rappresenta una tipica manifestazione del contemperamento del principio dispositivo con le esigenze della ricerca della verità materiale, che caratterizza tale rito.